
La capitana Irene Ruffini con la coppa conquistata domenica scorsa
di Simone CioniEMPOLIClasse 2003, nata in una famiglia di appassionati di basket, cresciuta cestisticamente nel vivaio dell’Use Rosa fino ad arrivare in prima squadra e al secondo anno di Scienze dell’Educazione e della Formazione all’Università di Firenze nonostante sia una giocatrice professionista. Questo in breve il ritratto di Irene Ruffini di San Casciano, ma ormai empolese d’adozione, che domenica ha alzato al cielo la prima Coppa Italia di Serie A2 Femminile della storia biancorossa. Un’altra squadra, dopo l’Empoli Fc, capace di portare il nome di Empoli alla ribalta nazionale. "In casa ho sempre respirato basket perché mio padre era presidente della squadra del nostro paese, mio fratello ci giocava e mamma era nel consiglio. Insomma una passione di famiglia – racconta Ruffini – tanto che, pur provando altri sport, quando ho cominciato a giocare a pallacanestro me ne sono subito innamorata e non ho più smesso". Dal minibasket nella società di casa, poi, Ruffini arriva ad Empoli nell’Use dove inizia tutta la trafila delle giovanili, togliendosi diverse soddisfazioni, fino a diventare quest’anno il capitano della prima squadra. "Quando giochi a questi livelli l’impegno in palestra aumenta notevolmente e se come me decidi di continuare gli studi, è normale che ci sia qualche difficoltà nel far conciliare tutto – prosegue –, ma con sacrificio e dedizione ci si può fare. Per questo poi ringrazio anche la società, che mi è sempre venuta incontro". In una finale giocata punto a punto le biancorosse hanno avuto la meglio 75-74 delle lombarde di Costa Masnaga. "Sollevare la coppa da capitano è stata un’emozione indescrivibile – spiega –. In finale siamo state brave a non buttarci giù ogni volta che le avversarie si rifacevano sotto e alla fine credo che come diceva una mia compagna prima dell’inizio della gara, abbia vinto chi ha avuto più voglia. Il successo del gruppo. Sogno nel cassetto? Continuare a divertirmi in campo come ho sempre fatto finché giocherò. Cosa non affatto scontata". Una vittoria arrivata tra l’altro nel weekend in cui si celebrava la giornata internazionale della donna. "È stato significativo perché noi entriamo in campo anche per le donne che non hanno il coraggio di ‘fare’ – commenta Ruffini –. Dobbiamo essere sempre orgogliose di essere donne, in qualsiasi ambito, anche nello sport". Use Rosa che non era certo tra le favorita, ma che alla fine ha meritato per qualità e continuità di rendimento. "Siamo partiti a fari spenti, prendendo questa Coppa Italia più come premio per quanto fatto nella prima parte di campionato – ammette coach Cioni –, ma come si dice l’appetito vien mangiando e le ragazze hanno sempre avuto la faccia giusta. Una piccola favola che dimostra come con lavoro e programmazione si possano ottenere grandi risultati. Ringrazio tutto il mio staff, dagli assistenti Mario Ferradini e Jacopo Giusti al preparatore atletico Diego Alpi e soprattutto il diesse Francesca Papini che ha costruito la squadra accontentando tutte le mie richieste. Oltre alla società, che ha permesso tutto questo, e in particolar modo i presidenti Piero Benassai e Matteo Corsi". Presidenza che è cambiata proprio lo scorso dicembre. "L’Use Rosa è una sua creatura e io non voglio prendermi meriti che non mi spettano – esordisce l’attuale massimo dirigente Corsi – ma mi piace sottolineare la portata di questa impresa, ottenuta con tante ragazze giovani, tra cui anche diverse empolesi, che ha evidenziato il modo di lavorare all’empolese. Senza magari i mezzi economici di altre realtà, ma con tante idee e la giusta programmazione. Un vanto e un orgoglio non solo per noi, ma credo per tutta la nostra città".