Sos maltrattamento di animali. Il caso arriva in Cassazione. Allevatore condannato a 3 mesi

La sentenza d’appello è passata definitiva con i giudici che hanno rigettato il ricorso del 70enne. Era accusato di aver sottoposto a sevizie senza necessità uccelli di specie ritenute protette

Sul caso erano intervenuti i carabinieri

Sul caso erano intervenuti i carabinieri

Fucecchio (Firenze), 1 settembre 2024 – Affermata la prescrizione di alcuni capi d’imputazione, la Corte d’appello aveva rideterminato la pena, a carico di un 70enne del Fucecchiese, in tre mesi e 20 giorni di reclusione per i residui reati legati alla fattispecie di maltrattamento di animali. Pena passata definitiva dalla Cassazione che ha respinto il ricorso dell’imputato che, in primo grado, era già stato assolto dalle violazioni delle legge sulla caccia e dalla violazione di sigilli. L’imputazione che aveva portato al processo contestava all’uomo – allevatore di avifauna con licenza di caccia – “di aver sottoposto a sevizie, senza necessità, uccelli appartenenti a specie particolarmente protette, detenendoli dentro gabbie e recinti angusti, in condizioni incompatibili con le loro caratteristiche, e di aver cagionato loro lesioni e la morte”.

Nel ricorso, fra vari aspetti, il difensore aveva lamentato agli ermellini – per le imputazioni oggetto di condanna – come non fosse indicato “quali esemplari di animali fossero detenuti in piccole gabbie, quali siano stati uccisi in quanto cacciati, quali siano stati catturati illecitamente con l’uso di reti, quali, tra quelli rinvenuti vivi, siano nati in cattività o siano di provenienza selvatica”. “Non si specifica neppure – si legge – se gli animali uccisi, rinvenuti nel congelatore, siano di provenienza selvatica, in quanto cacciati regolarmente, o siano riprodotti in allevamenti”. Il legale lamentava alla Cassazione sulla qualificazione giuridica dei fatti, che “alcune specie di animali per i quali vi è contestazione, non sono esistenti in stato di libertà, provengono da allevamenti e comunque non sono animali d’affezione o di compagnia”, ragione per cui ritiene inappropriata l’applicazione della fattispecie di maltrattamento di animali.

I giudici, mandando definitiva la condanna, rilevano che non è “indispensabile indicare se gli animali, oggetto delle condotte di maltrattamento e di uccisione, siano di provenienza selvatica, siano stati catturati o siano nati in cattività, posto che ciò non assume alcun rilievo nella formulazione dell’imputazione”. La Corte ricorda poi quanto dichiarato dal funzionario del servizio veterinario, circa “le pessime condizioni igienico sanitarie in cui si trovavano gli animali, l’inidoneità degli ambienti dove erano detenuti e l’assenza di documentazione sulla provenienza degli uccelli d’allevamento”. Da qui il rigetto del ricorso.

Carlo Baroni