REDAZIONE EMPOLI

"Mi hanno puntato la pistola allo stomaco. È stato terribile"

"Non so se è un incubo o se sono sveglia. Non mi capacito di quanto accaduto. E pensare con quanta...

"Non so se è un incubo o se sono sveglia. Non mi capacito di quanto accaduto. E pensare con quanta ansia ho vissuto la notizia del raid ai danni delle colleghe, l’altro giorno". Ma mai avrebbe pensato potesse trovarsi anche lei nella stessa, identica situazione. È rimasta tutta la mattina chiusa all’interno di quel negozio che fino a poco prima era casa, sicurezza e familiarità, ma che in pochi minuti si è trasformato in una minaccia. Silvia Gori ha trovato la forza e il coraggio di restare lucida, dandosi da fare per ripulire, risistemare la merce custodita in gioielleria e ripercorrere, insieme agli inquirenti, i drammatici momenti dell’assalto. "Era il giorno della riapertura dopo le festività – racconta la donna, vittima della rapina –. Stavo giusto sistemando le scatole e organizzando il lavoro del rientro". Quando, poco prima delle 10, un giovane suona al campanello. "Avrà avuto tra i 25 e i 30 anni, mai visto prima. Si è spacciato per un cliente. Non appena gli ho aperto, ecco intrufolarsi un secondo". Entrambi a volto scoperto, si sono rivolti alla donna usando un tono pacato, con una scusa: cercare un regalo per un battesimo.

"Mi hanno chiesto informazioni su un’idea regalo per un bambino, ma ho subito avvertito il pericolo, qualcosa di strano – prosegue Gori nel racconto –. Mi sono scusata e ho tentato di allontanarli dicendo loro che il negozio era ancora chiuso". Ma la tattica non fa presa sui malviventi, che insistono e spostano l’attenzione su dell’oro in vetrina, un gioiello femminile. In quel momento, la coppia di delinquenti avrebbe cambiato versione sostenendo di essere in cerca di "un regalo per una ragazza di 14 anni". Idee confuse o strategia, la negoziante inizia ad agitarsi quando uno dei due uomini tenta di seguirla dietro al bancone. A quel punto, nella testa di Gori scatta il campanello d’allarme. Riesce ad inviare una sorta di ’sos’ tramite il telefonino al marito, guarda dritta negli occhi quello che si rivelerà essere un bandito e senza girarci troppo intorno, chiede conferma dei suoi sospetti. "Dimmi la verità – domanda al rapinatore – non è uno scherzo. Mi devo preoccupare, vero?". La risposta non tarda ad arrivare. Pronunciato un "sì" convinto, il ladro – dall’accento che alla donna è sembrato meridionale – tira fuori una pistola obbligandola ad aprire la cassaforte. Tanto è lo choc, che Silvia Gori non trova subito le chiavi.

"La pistola stava nascosta sotto al giaccone, si intravedeva solo il mirino. Il criminale me l’ha puntata all’altezza dello stomaco senza mostrarla per intero. Ho avuto come la sensazione che fosse un’arma giocattolo, ma chi può dirlo. Non ne avevo mai vista una prima d’ora". È in questo frangente che fa ingresso nel negozio un terzo soggetto: entra con un borsone e senza dire nulla inizia a riempirlo di oro e monili. Intanto, presa dal panico, la titolare tenta la fuga ma viene riacciuffata per i capelli e stesa a terra con violenza. "Mi hanno immobilizzata tenendomi la testa tra le loro gambe e intimandomi di star buona, di non farli arrabbiare. Ho raccolto le forze e mi sono imposta di non reagire, di non fare mosse azzardate per evitare reazioni. Li ho implorati, pregati che non portassero via almeno la merce dei clienti, quella in riparazione. Ma si sono presi tutto". La banda si è data alla fuga salendo a bordo di un’auto di colore grigio scura, parcheggiata fuori dal negozio. Auto che Silvia Gori nonostante il terrore è riuscita ad individuare, ma la targa segnalata agli uomini dell’Arma risulterebbe associata ad un veicolo anche quello rubato.

Ylenia Cecchetti