Empoli, 22 novembre 2017 - Una rosa di un paio i nomi, secondo indiscrezioni non sarebbero di più i potenziali ‘colpevoli’, e un grande vuoto. Un vuoto circostanziato, cruciale, che pare aver colpito la memoria della giovane vittima di un’aggressione qualificata, a norma di codice penale, tentato omicidio. Così la nebbia sul giallo di viale Umberto I a Montelupo pare non volersene andare. Resta fitta. L’indagine pare ristagnare come l’aria troppo umida tipica di quelle giornate afose – ben lontane dai giorni nostri – quando il caldo paralizza ogni spirito di iniziativa e non si va.
Ecco, a oltre un mese di distanza dalla violenta aggressione consumata con il cellulare della vittima come arma contundente (o almeno così pare), tutto sembra fermo, in attesa che un puzzle semplice eppure intricato venga ricomposto dagli uomini della squadra mobile di Firenze e dai colleghi empolesi. I riscontri sulle tracce biologiche repertate dagli uomini della scientifica, le celle telefoniche: al momento, niente sembra fornire la chiave giusta. La prova schiacciante, quel dettaglio capace di inchiodare il colpevole. Un uomo? Una donna? Giovanissimo? In azione da solo o in compagnia? Gli interrogativi restano, mentre le risposte latitano. L’aggressore, o gli aggressori, visto che al momento ogni pista resta aperta, sono ancora senza nome dal 14 ottobre, da quel sabato mattina da non credere.
Un'alba di sangue cui la città della ceramica, fortuna sua e nostra, non è avvezza e per la quale ha mostrato un sottile ‘fastidio’. L’immagine del paesone ‘patria’ del mostro non è andata giù a chi per lavoro o residenza vive lì e conosce il parco dell’Ambrogiana «E se poi verrà fuori che chi ha ridotto la ragazza in fin di vita arrivava da fuori? Aspettiamo che le indagini finiscano», commenta qualcuno. E si torna lì, al finale ancora da scrivere. A una giovanissima, ormai alla soglia dei 18 anni, uno ‘scricciolo’ tornato a casa già da un po’ dopo giorni in ospedale, di nuovo attivosui ‘social’, pane quotidiano dei ragazzi di oggi.
Eppure ancora con i ricordi zavorrati. Lo ha raccontato davanti alle telecamere delle tv nazionali, ospite protetta, ma a suo modo loquace. Con lei il padre, in prima linea fin dai giorni tremendi di quell’assalto tanto violento da spaccare il cranio della ragazzina, reduce da una serata in discoteca e forse (le versioni paiono discordanti) da una lite violenta da un’amica. In televisione, ha detto la sua, ha chiesto protezione per la sua bambina, ha disquisito sulle immagini della videosorveglianza urbana acquisite dagli inquirenti. Supposizioni tante, certezze, ufficialmente, poche.
s. p.