
di Samanta Panelli
L’amore per spartito e melodia. Musica ’old style’, "non solo parlato", oggi dal vivo un miraggio, complice il Covid e l’isolamento che impedisce anche a chi è maestro di poter fare lezione. Lo sa bene Carlo Meliciani, aretino ma empolese d’azione dopo una vita trascorsa in giro per il mondo, passando da un teatro all’altro, collezionando applausi e successi, come del resto la sua compagna di vita, Laura Londi. Meliciani, classe 1929, è un baritono di fama internazionale, Londi, nata a Signa nel 1928, è un altrettanto conosciuto soprano.
Due voci cariche di entusiasmo per una passione, divenuta per loro professione, "capace di farci piangere ancora: l’altra sera, ci siamo commossi davanti a un artista che in tv suonava il fagotto in maniera incantevole", commenta la donna, per poi riflettere "senza musica cos’è la vita?". Impossibile per la coppia, affiatatissima, rinunciare all’ascolto delle arie a cui tante volte ha dato voce e corpo. Argomenti di lezione, fino a inizio di questo 2020 ostaggio del coronavirus, per Meliciani e i suoi allievi. "Ho dovuto interrompere la formazione quando il Covid ha preso il sopravvento – spiega – Un peccato, ma non si poteva fare altrimenti". Lo sottolinea, raccogliendo il consenso della moglie e ammettendo anche la sofferenza di sapere il figlio, "stimatissimo architetto, a Milano, una zona calda dal punto di vista dei contagi".
Una distanza colmata da telefonate giornaliere dalla casa di Empoli, "città assolutamente vivibile oltre che di importanza musicale: Busoni, eccellente compositore e musicista stupendo è nato qui – ricorda l’artista, insignito nel 2008, quando era empolese già da cinque anni, del Premio Caruso – In città ho ospitato Luca Salsi, mio allievo, un baritono di talento. Vede, per fare carriera, un po’ come contro il Covid, serve grande autodisciplina: è fondamentale anche l’alimentazione". Serve il rispetto della materia, "lo stesso vale per il melodramma: quando lo si propone bisogna rispettare l’epoca in cui è nato, altrimenti la cultura si perde". Il tutto con una convinzione: "La lirica ancora oggi piace: se si fanno spettacoli di livello, il pubblico accorre e i giovani tendono a ritornare verso un certo discorso musicale. Per questo è fondamentale che il teatro sia di tutti, non di un pubblico eletto che può permetterselo. E penso al teatro di Stato, caratteristico di quasi tutta l’Europa, ma non dell’Italia".
Una nota dolente per Meliciani, pronto ad aprire una finestra sulla sua carriera, dove La Scala di Milano lo ha visto indiscusso protagonista. "Pensi – spiega – Lì ho incontrato mia moglie, era il 1975: eravamo entrambi scritturati. La piena felicità l’ho conosciuta con lei". Lei che, accanto al marito, ammette di essere stata conquistata "da quella voce unica, drammatica nonostante fosse giovanissimo", mentre la cagnolina Mimì si fa sentire. "L’abbiamo chiamata così – racconta il soprano, vincitrice nel 1957 del concorso belga ’Grand Prix Radiophonique de Bel Canto’, trampolino di lancio per la sua eccellente carriera – in omaggio al personaggio della Boheme, nella quale ho esordito a Lucca a neanche trent’anni. In platea c’erano la mia sorellina, mio padre e mia madre. Mio padre, sollecitato dalla gente del paese, mi ha portato a lezione, all’inizio di nascosto: mia madre non vedeva di buon occhio il canto".
Una voce capace di conquistare, la sua, "scoperta in chiesa e poi valorizzata dalla maestra Iolanda Bocci, soprano leggero meraviglioso". Dal Covent Garden di Londra al teatro di Zurigo, passando per i palcoscenici di Genova, Catania, Roma, Bari e altri ancora, la voce di Laura Londi, "Desdemona in un dvd dell’Otello parte dell’archivio storico del teatro La Fenice di Venezia", ha regalato interpretazioni magistrali, prima di ritirarsi e dedicarsi all’insegnament, "un’altra bellissima esperienza". Un percorso di gioie e sacrifici, come del resto quello del marito, dalla fama indiscussa.
"La mia più grande soddisfazione? Vent’anni di riconferme continue a La Scala – sottolinea il baritono, lanciato da Beniamino Gigli e sul palco pure con Maria Callas – Ho inaugurato tre stagioni, cantando anche per De Gaulle e Gronchi. E nel 1971, quando la regina Elisabetta venne in Italia, fui scelto per cantare per lei e la sua corte". Grande il successo in Russia come in America, "dove anche il libro ’Carlo Meliciani. Costruire una voce’ ha suscitato interesse persino nelle università". Con una tappa di grande orgoglio, fra tante, in patria. "Nel 1954 fu bandito un concorso della nascente televisione italiana per il concerto di apertura della fiera internazionale di Milano, in aprile – ricorda – Ebbi la soddisfazione, su cinquanta e più, di vincere io. La lirica sulla televisione italiana l’ho inaugurata io".