Ylenia Cecchetti
Cronaca

Da neet a barman, la storia di Endry: “Mi sono messo in gioco”

Ha lasciato la scuola a 16 anni, prima del previsto: “Il Covid, l’obesità e il disagio. Tornato a scuola mi sentivo escluso”. Grazie allo sportello Hub for Young ha ritrovato il sorriso e nuove passioni

Per molto tempo Endry ha trascorso le sue giornate chiuso in camere, davanti ai videogiochi senza parlare con nessuno (foto di repertorio)

Per molto tempo Endry ha trascorso le sue giornate chiuso in camere, davanti ai videogiochi senza parlare con nessuno (foto di repertorio)

Il primo passo è il colloquio di persona, sembra una sciocchezza ma è già una scommessa. Significa metterci la faccia. E lui, arrivato all’Hub for Young di Empoli in un momento di fragilità, ci è riuscito. Endry Sejdini ha 16 anni, è di Fucecchio e la parola Neet non l’aveva mai sentita prima. Ma è andato oltre quel termine sconosciuto, scegliendo di mettersi in gioco dopo aver abbandonato gli studi. Ex studente dell’alberghiero a Montecatini, Endry si divide tra la passione per lo sport e quella per una professione appena scoperta. “Il barman? Non sapevo mi potesse interessare - racconta con entusiasmo - Il laboratorio che ho seguito, proposto dallo sportello empolese mi ha aperto un mondo”.

Shaker e sciroppi, con i primi drink preparati insieme al docente è nata la passione. “Ho appena terminato il corso (che si è svolto al centro per l’impiego, ndr) e presto ritirerò l’attestato. Partecipare mi ha aiutato a vincere la timidezza. E’ un lavoro al pubblico, stare dietro a un bancone non è semplice”. Ma passo dopo passo, Endry si è sbloccato abbattendo il muro delle insicurezze, confrontandosi con i compagni e scoprendo un talento che non credeva di avere. “Il mondo della cucina mi è sempre piaciuto - continua - Ma a scuola qualcosa non è andato. Mi sono ritirato quest’anno. Non ho mai avuto difficoltà nello studio, alle medie tutto filava liscio. Poi è arrivato il Covid”. E con la pandemia sono iniziati i problemi. La dad, un ritmo che si interrompe, il senso di smarrimento e di alienazione.

“Soffrivo di obesità grave e anche dopo il secondo lockdown, con la ripresa delle lezioni in presenza, essendo un soggetto fragile, ero costretto a studiare spesso da casa”. Il senso di disagio fa capolino. “Stare insieme ad altre persone era complicato. Al mio rientro a scuola mi sono sentito incompreso, escluso. Nessuno sapeva quello che stavo affrontando”. Ecco che arriva il pugilato e sul ring della vita Endry è rinato. L’allenamento quotidiano è stato una valvola di sfogo, ma da solo non era sufficiente a disegnare un’idea di futuro. Abbandonata la scuola, il vuoto. “Stavo chiuso in casa davanti ai videogiochi senza parlare con nessuno. Finché non ho trovato nell’Hub un’opportunità per rimettermi in moto”.

Il pugilato è diventato oggi un impegno serio unito alla voglia di imparare un mestiere. “Prolungherò il corso per barman e a dicembre inizierò quello per meccanico d’auto. E’ un periodo positivo. I miei sono contenti nel vedermi impegnato, e io mi sento utile specialmente con i ragazzi che stanno passando quel che ho affrontato anche io. E’ bello poter dare speranza a chi pensa di non averne. Vorrei che la mia storia fosse un esempio. Il mio messaggio? Ai miei coetanei dico di non aver timore di parlare, di dire ciò che provano. C’è sempre una strada, anche quando non rientra nei piani immaginati. Con la volontà, non c’è nulla nella vita che non si possa fare”.