Empoli, 22 novembre 2024 – Accolte, comprese, aiutate. Salvate da chi non ha saputo amarle come avrebbero meritato. C’è una seconda vita per le donne vittime di violenza. Una rinascita che parte dal chiedere supporto. E’ quello che ha fatto Laura (il nome è di fantasia), che ha deciso di raccontare la sua storia perché possa servire ad altre donne. Una storia di coraggio e determinazione uscita dalle mura del Centro Antiviolenza Lilith di Empoli.
Innanzitutto grazie. Non è semplice rivivere il dolore…
“Ho deciso di farlo perché magari la mia esperienza può evitare ad altre donne di ritrovarsi nella mia stessa situazione”.
Cosa direbbe alle altre donne?
“Di non avere paura. La vostra vita è molto importante. Non siete sole”.
Come ci è finita nella spirale della violenza?
“Tutto ha avuto inizio nel 2018. Una sera decido di pubblicare una mia foto su un gruppo Facebook. Fin qui tutto normale. Ma poi vengo commentata da questo mostro. Lo so, a chiamarlo così non gli faccio certo un complimento. Dopo un po’ mi manda un messaggio, iniziamo a parlare. Era carino e gentile. Piano piano iniziamo a sentirci tutti i giorni, ci scambiamo i numeri di telefono”.
Una storia che sembrava come tante, insomma.
“Sì. Abitavamo in due città lontane. Mi piaceva come persona ma ancora evidentemente non lo conoscevo. Dopo un primo incontro, abbiamo cominciato a frequentarci sempre più spesso. Da lì, il passo verso la convivenza è stato breve. Aveva insistito molto perché andassi a vivere da lui, nella sua città, e io mi sono lasciata convincere”.
Ma improvvisamente si è trovata davanti un’altra persona…
“Sono cominciati giorni terribili. Offese per niente e urla. Ha iniziato a spaccare tutto in casa, subivo maltrattamenti anche fisici”.
Quando ha toccato il fondo?
“Quando il mostro ha preso in cucina un coltello e me lo ha puntato alla gola minacciandomi. Ero terrorizzata. Ho capito in quel momento che la persona che avevo creduto dolce, gentile e premurosa, con cui avevo deciso di vivere tutta la vita, non esisteva. Ho capito che dovevo scappare e mettermi in salvo”.
Provare a uscire dall’incubo. Qual è stato il primo passo?
“Non è stato facile dopo cinque anni di convivenza. Ho chiesto aiuto a un’assistente sociale ed è stato attivato il codice rosa. Sono stata in emergenza al Centro Lilith, poi sono stata trasferita in una casa rifugio lontana. Ero a pezzi. Sono stata aiutata anche con antidepressivi, non ne faccio mistero”.
Come sta, oggi?
“Sto finendo il mio percorso a Casa Matilda. Siamo diverse donne: qui ci formiamo, cominciamo a lavorare, a essere autonome. Nascono amicizie e la vita ricomincia a scorrere normale”.
Insomma, sta vincendo la sua battaglia…
“Ho trovato la forza in me”.
E cosa ha imparato?
“Che nessuno te la può dare la forza se tu per prima non vuoi. Ho trovato la forza di dimenticare, di vivere, di continuare a lottare. La forza di sorridere anche se mi sento triste”.
Cosa si augura per il domani?
“So che piano piano troverò il sole”.