BRUNO BERTI
Cronaca

Le industrie e la ripresa strozzata dai costi

La tempesta che ha colpito la catena mondiale della fornitura si abbatte sul settore moda: "Senza le materie prime necessarie è dura"

Una lavoratrice nel settore della moda e dell’abbigliamento (foto d’archivio)

Una lavoratrice nel settore della moda e dell’abbigliamento (foto d’archivio)

Empolese Valdelsa, 7 febbraio 2022 - Le industrie della nostra zona stanno facendo i conti con la tempesta che ha colpito la catena mondiale della fornitura, senza però dimenticare le conseguenze del virus, che non sono certo finite, anche perché le varianti sono ancora in agguato. Da noi, tra chi si trova in prima linea, ci sono le imprese dell’abbigliamento, quelle che costituiscono l’armata dell’export dell’Empolese Valdelsa. Sono gli imprenditori che hanno costruito le loro fortune sulla prosperità acquisita da sempre nuove nazioni, desiderose di consumare come noi occidentali e qualche volta con una predisposizione al lusso propiziata da portafogli decisamente pieni. Ma i beni devono essere prodotti, e se le forniture di materie prime o di semilavorati diventano una pia illusione è chiaro che tutto diventa più difficile. E a complicare le cose, poi, c’è anche l’energia alle stelle. Però porre la questione della soluzione del problema rende più importante il ruolo del territorio e della sua industria, che è il settore più baciato dalla ripresa, quella che rende il nostro Paese tra i primatisti mondiali in quanto a ripresa economica. 

Paolo Fontani, amministratore delegato dell’omonima azienda di confezioni di Capraia e Limite, rivendica con orgoglio di non aver mai portato all’estero le produzioni. "Noi puntiamo sempre e comunque sul made in Italy, che anzi per la Fontani è sempre made in Tuscany". Questo ovviamente significa comportarsi in modo diverso da chi adesso riporta la produzione da noi solo per un vantaggio economico. "Piuttosto dobbiamo porci il problema di chi ha ordini ma non dispone delle materie prime necessarie per gli intoppi nella catena della fornitura. Sono felice che si torni a produrre su piazza, ma la moda è penalizzata, visto il tipo di produzione che fa perno su stagioni sfalsate rispetto a quelle del calendario. Senza contare che il Covid peggiora in autunno-inverno, quando la gente dovrebbe comprare quello che abbiamo già prodotto". Fontani fa anche notare che si sono molto diradate le manifestazioni fieristiche, che sono quelle con le quali le aziende di moda di taglia media si confrontano con il mercato internazionale. "Tutto questo mentre la vendita on line richiede competenze e investimenti". I problemi non mancano certo, ma la prospettiva di una nuova attenzione per il territorio è interessante, perché rimette in gioco anche operatori che non sono proprio dei giganti, ma che costituiscono la grande maggioranza delle imprese della moda e che danno un contributo forte alla prosperità della nostra area.

Anche Gabriele Brotini, amministratore delegato del calzaturificio Pakerson di Cerreto Guidi, vede la prospettiva di una filiera più locale e quindi più corta. "Però non sarà facile tagliare la dipendenza per certe forniture. Ci sarà sempre un qualche prodotto per cui dipendiamo dai Paesi asiatici, ad esempio". 

La concia del cuoio delle scarpe può essere fatta a Santa Croce, ma il materiale di base, la pelle delle mucche, arriva molto spesso anche dall’Asia o dal Sud America. "Resta il fatto che per noi una complessiva attenzione al territorio è un’esigenza molto sentita. Da un lato ciò significa che certi prodotti di base continueranno ad arrivare dall’estero, ma è altrettanto vero che filiere più corte (quindi meno toccate da problemi di forniture internazionali) pongono l’esigenza di aziende più forti, che non siano alla mercé dei fornitori o di chi affida loro commesse per parti di un prodotto che poi va a costituire il ricco mercato del lusso, senza che l’operatore locale abbia voce in capitolo e che, anzi, diventa sostituibile a ogni stormir di fronde del mercato". 

In questo quadro c’è spazio anche per un ruolo diverso, più incisivo, degli enti locali e della Regione: un obiettivo da cogliere, magari in accordo proprio con le imprese e con il sindacato, a partire dal Patto per lo sviluppo dell’Empolese Valdelsa siglato a suo tempo con molte organizzazioni sociali. Quello in cui si parlava del ruolo di cerniera dell’Empolese Valdelsa con la zona del cuoio con le sue concerie e con la pelletteria dell’area fiorentina, una corazzata economica. 

(1-continua)