
di Bruno Berti
La vertenza Colorobbia, azienda che produce materie prime e semilavorati per il settore ceramico, si è chiusa con il ritiro dei licenziamenti richiesti (59 in tre stabilimenti: Vinci, Montelupo e Fiorano di Modena) e un periodo di cassa integrazione straordinaria per un anno. Sindacato e lavoratori sono soddisfatti, anche se nessuno si lascia andare a facili ottimismi perché la situazione complessiva non è certo delle migliori. Resta il fatto che si sono salvati 59 posti di lavoro, un risultato non da poco.
La grana dell’impresa del gruppo Bitossi era emersa il 17 gennaio, quando era stata avviata la procedura di licenziamento. "Il momento – dice Sergio Luschi della Filctem-Cgil – era preoccupante, visto che era ‘scoppiata’ anche la bomba Vibac. La motivazione di Colorobbia era la crisi di mercato. Ed effettivamente l’azienda veniva da 5 anni di cali di fatturato e la prospettiva per il 2020 era di un ulteriore discesa del 30%. Noi ci siamo subito detti contrari ai licenziamenti, che sarebbero stati distribuiti tra Vinci (30 dipendenti), Montelupo e Fiorano. Abbiamo avviato la trattativa in fase sindacale, il primo passo, diciamo così, che dura 45 giorni. Ma non abbiamo trovato un’intesa. Poi è arrivato il virus, con il confinamento, e anche proseguire la trattativa in altra sede è diventato difficile.
Tra l’altro, visto che era interessata anche l’Emilia, le discussioni passavano al ministero. Questa fase dura 30 giorni, ma abbiamo chiesto proroghe perché trattare da remoto la sorte di 59 persone è veramente difficile. Infine, lunedì 27, c’è stata una riunione tra le parti in azienda che ha portato a un accordo che prevede il ritiro dei licenziamenti e la cassa integrazione straordinaria per crisi della durata di un anno a partire dal 1° settembre. L’azienda è stata disponibile alle nostre richieste e noi consideriamo l’intesa raggiunta un risultato dignitoso. E’ chiaro, infatti, che quello sottoscritto è un accordo difensivo in presenza di una crisi. Vogliamo però sottolineare che non sale il numero di chi perde il posto di lavoro nel nostro Paese per la crisi da coronavirus, 500.000 persone sinora nel nostro Paese".
Come dicevamo, l’intesa prevede la cassa integrazione a rotazione per un anno con anticipo da parte dell’azienda. Sono interessati 308 dipendenti su un totale di 318: sono esclusi gli incarichi direttivi. "Nel 2020, poi, ci saranno anche i corsi di formazione, un punto che noi riteniamo importante", aggiunge Luschi. "La società, inoltre, afferma di ritenere gli stabilimenti italiani centrali e strategici, una valutazione che non era scontata". Ci saranno anche incontri di verifica sull’applicazione dell’accordo e sull’andamento del mercato, senza dimenticare il controllo sugli investimenti previsti dal Piano industriale. "Si può dire – nota Luschi – che il ‘lavoro’ vero comincia adesso, visto che l’attuazione dell’accordo è un elemento basilare. Ringrazio la Rsu per l’impegno in una vertenza non semplice e sottolineo che ci sarà bisogno del suo contributo. In questa vicenda abbiamo sentito la vicinanza delle istituzioni, a partire dai sindaci dei comuni interessati, Vinci e Montelupo, e senza dimenticare i parlamentari della zona".
"Gli investimenti li stanno realizzando", dice poi Alessandro Ceccanti della Rsu che ricorda anche la ‘cassa’ fatta per il Covid. A proposito di ammortizzatori sociali, Luschi sostiene che nel periodo dell’epidemia "nel nostro settore, chimica e moda, abbiamo fatto i conti 600 procedure, tra ‘cassa’ e Fsba, l’ammortizzatore sociale del settore artigiano. In pratica migliaia di lavoratori, e per gli altri comparti non è che che le cose siano andate meglio. Nella moda, una delle basi della nostra economia, si è persa una stagione e le grandi griffe parlano di cali nelle vendite del 30%. C’è bisogno di fare fronte comune: per questo è importante il Patto per lo sviluppo tra associazioni di categoria, sindacati ed enti locali".