Empoli, 30 agosto 2024 – Venti secondi di buio. Venti secondi di black out in cui la vita è appesa a un filo sottilissimo. Un lasso di tempo fugace, che in certi casi può sembrare infinito. «Ho sentito una botta esagerata dilaniami il petto, come fosse un pezzo di ferro a trafiggermi il torace».
È iniziato così l’arresto cardiaco di Rosario Guglielmo, un «miracolato», come si definisce lui. Il suo cuore ha cessato di battere per 20 interminabili secondi, ma grazie al tempestivo intervento di tutti quelli che si sono presi cura di lui, allertando i soccorsi e sostenendolo emotivamente, oggi sta bene. E sta vivendo la sua seconda vita.
«Come mi sento? Ho tante pasticche da prendere e devo stare a riposo – dice l’empolese di 45 anni, raccontando la sua storia –. Sono a casa in malattia aspettando i controlli del 23 settembre. Sono stato fortunato. Ho avuto un infarto forte».
E’ lui stesso, dalla sua casa di Monterappoli, a ripercorrere la giornata del 2 agosto. I ricordi sono nitidi. Guglielmo, disabile da 24 anni, lavora come magazziniere per la ditta Palagini e figli in Carraia, ed è lì che è stato colto dal malore.
«Mi sono alzato al mattino come sempre, sono entrato alle 8 ed il turno è andato bene, fino alle 12.30. Per pranzo sono tornato a casa – ricorda l’uomo, che nonostante soffra di una patologia rara ai muscoli del collo, ha lavorato per 30 anni in conceria prima di essere assunto come categoria protetta nella ditta empolese –. Mia moglie era fuori, mia figlia al mare. Mi sono preparato un piatto di pasta e sono rientrato in magazzino alle 14.15. Era molto caldo, quel giorno». Rosario Guglielmo inizia a sentirsi male mentre è impegnato a chiudere dei pancali.
«Ho avvertito un dolore strano, pensavo di essermi sforzato troppo». Invece era già il sintomo dell’infarto. «Mi dirigo verso il bagno, chiedo ai colleghi di chiamare subito il 118. Sono stati attimi concitati, il dolore aumentava». In un baleno una decina di colleghi, responsabili compresi, si precipitano in bagno e assistono Rosario, che resta vigile. Dopo cinque minuti appena, arriva l’ambulanza con medico a bordo e il magazziniere viene soccorso.
«Ho risposto alle domande del medico. Poi, senza accorgermene, per 20 secondi il cuore si è fermato. Me lo hanno raccontato in un secondo momento. Per me c’è solo un vuoto temporale. Mi sono risvegliato che ero sempre in ambulanza diretto all’ospedale San Giuseppe». Rianimato a bordo dai sanitari, Rosario Guglielmo viene trasferito in terapia intensiva dove resterà per 9 lunghi giorni dopo aver subito due interventi.
«L’aorta era occlusa al 100 per cento – dice, ancora incredulo –. E se oggi sono di nuovo in piedi lo devo a tutti quelli che si sono adoperati per me. Voglio ringraziare i colleghi di lavoro che hanno provveduto a chiamare il 118 con prontezza e che non mi hanno mai lasciato solo. Grazie agli operatori sanitari che mi ha rianimato durante il tragitto in ambulanza. Ringrazio il reparto di chirurgia del cuore, dove ho trovato tempestività e preparazione».
La degenza ospedaliera ha spinto il paziente ad una serie di riflessioni. «Ho visto oss, infermieri e dottori intenti a salvare vite senza risparmiarsi mai. Quello che diamo per scontato, banale non è. Il reparto di cardiologia intensiva del San Giuseppe mi ha salvato la vita. Non tutti ce la fanno, ma per chi resta e sopravvive, quella professionalità è preziosa. In 10 giorni bloccato a letto ho sentito chi soffriva e non dormiva, ma il giorno dopo migliorava, fino a tornare a parlare, a muoversi. Allora mi sono rincuorato. Grazie al primario, ai medici che si sono adoperati giorno e notte. Grazie a chi mi ha dato la possibilità di vivere per la seconda volta. Il 2 agosto, d’ora in poi, sarà un nuovo compleanno. Sono rinato».