Sotto indagine sono finiti nove progetti relativi all’innovazione tecnologica, soprattutto nel campo dei materiali tessili ma anche, si appende, in quelli dei sistemi d’illuminazione. Nove progetti su bandi dedicati al mondo delle aziende e finanziati dall’Unione Europea sui quali – da quanto emerso dagli accertamenti degli inquirenti – sono emerse una serie di anomalie, a partire dalla stessa rendicontazione, nelle quale non sarebbero tornati neppure i conti delle ore degli addetti che vi avrebbero lavorato. Così i carabinieri del nucleo investigativo di Bologna – sezione della procura europea (istituzione operativa dal primo giugno 2021 e con varie sedi distaccate) – hanno dato esecuzione ad un sequestro preventivo di 730mila euro, disposto dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze su richiesta della Procura Europea bolognese (competente per territorio anche sulla regione Toscana), finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazione pubbliche. Sotto la lente di capillari approfondimenti sono finite due società, da quanto si apprende, con sede a Montelupo Fiorentino e amministrate da due coniugi fiorentini. Le indagini, avviate a seguito di una segnalazione della Corte dei Conti Europea, avrebbero permesso di ricostruire, appunto, una truffa aggravata in danno della Ue messa in atto da due imprenditori attivi nel settore tecnologico in provincia di Firenze.
Negli anni – questa la ricostruzione della procura che ha portato al provvedimento emesso dal giudice – le società della coppia, avrebbero beneficiato di sostanziosi contributi comunitari, diretti alla ricerca scientifica ed all’innovazione tecnologica in vari campi. I militari bolognesi della sezione dedicata alla procura europea, hanno quindi avviato un’ampia gamma di indagini mirate e circostanziate, e grazie ad una serie di approfonditi accertamenti tecnici, documentali e anche bancari sono riusciti a dimostrare come la coppia di imprenditori avesse falsificato i propri fogli presenza orari e quelli di alcuni dipendenti – che avrebbero loro stessi riconosciuto la loro firma sui documenti, come falsa – nell’ambito dei progetti, con l’obiettivo di ottenere rimborsi spese maggiorati per prestazioni lavorative mai svolte.
Carlo Baroni