
Andrea Bardini, nipote di Luigi, insieme al padre durante un evento
di Giovanni Fiorentino
"Per noi è una vittoria morale. Forse non vedremo mai il risarcimento, ma se non altro questa sentenza rappresenta una rivalsa per quel che mio nonno, mio padre e mia nonna hanno sofferto". Andrea Bardini, nipote di Luigi, ha accolto così il verdetto che certifica una volta di più la crudeltà nazifascista di cui fu vittima il nonno. Ex-presidente dell’Aned Empolese Valdelsa, da tesserato dell’associazione, Andrea è spesso andato nelle scuole – non di rado accompagnato dal padre Paolo che al tempo aveva tre anni – a raccontare la storia della sua famiglia agli alunni delle scuole del territorio, per ricordare gli orrori della guerra e sensibilizzare sull’importanza della pace.
"Ogni anno, da decenni, accompagno gli studenti a visitare i campi di sterminio nazisti – ha detto – e lo farò anche quest’anno, il mese prossimo. Non è facile, quando passo davanti al luogo in cui morì mio nonno l’emozione è forte. Ma è importante non dimenticare". Anche perché, sebbene i testimoni diretti siano ormai scomparsi, nella famiglia Bardini nessuno ha mai dimenticato la tragica notte dell’arresto: i fatti sono stati tramandati di generazione in generazione e anche chi per ragioni anagrafiche non poteva esserci ne è al corrente.
"Mio nonno era antifascista, ma per proteggere la famiglia non aveva più attaccato direttamente il regime negli ultimi anni. Proprio per questo pensava di essere al sicuro, tant’è che quando i carabinieri accompagnati dai repubblichini bussarono alla sua porta chiese loro che fretta avessero e cosa impedisse loro di aspettare la mattina successiva per parlargli – ha raccontato Andrea – solo quando un repubblichino gli rispose di avere tutta la notte a disposizione, capì che sarebbe stato vittima di una ’retata’. Ma non fuggì: non lo fece perché temeva ritorsioni contro mio padre Paolo e contro mia nonna Fernanda".
E per la famiglia Bardini, fu solo l’inizio di un periodo di dolore e povertà. "Mio padre, mia nonna e i miei bisnonni rimasero anche senza casa a causa dei bombardamenti alleati – ha proseguito – erano rimasti loro solo tre piatti ed un carretto. Dovettero costruirsi un riparo di fortuna in un bosco, a Fibbiana. Prima di essere ospitati da un contadino".
Tempi duri, senza nemmeno la gioia liberatrice del ritorno a casa di Luigi. "Per tanto tempo, mia nonna ha sperato che il marito fosse vivo – ha continuato Andrea – chiedeva di lui ai vari sopravvissuti ai lager, man mano che tornavano a Montelupo. Quasi tutti ricordavano di averlo incrociato nel lager, ma i loro ricordi si interrompevano e risalivano a mesi o ad anni prima. Fino alla tragica scoperta". E sulle polemiche relative alle “celebrazioni sobrie“ auspicate dal governo Meloni alla luce del lutto proclamato per la morte di papa Francesco, che in teoria varrebbe anche per il 25 aprile, Bardini usa la diplomazia.
"A casa nostra, oltre al 25 aprile, festeggiamo anche e forse di più il 5 maggio, data di liberazione del campo di Mathausen – ha concluso – voglio ringraziare il senatore Dario Parrini per l’impegno: con i mie familiari, avevamo deciso da subito di avviare questa battaglia. E a prescindere da quelli che saranno gli sviluppi, questa sentenza è un riscatto morale".