BRUNO BERTI
Politica

I dubbi delle imprese: servono giovani lavoratori, ma c’è il calo demografico

Lacoppola (Cgil): "Servirebbe una politica attrattiva da parte degli imprenditori. Bisogna porsi l’obiettivo non di sfruttare le persone, ma di inserirle"

Un lavoratore metalmeccanico (foto d’archivio)

Un lavoratore metalmeccanico (foto d’archivio)

Empoli, 8 ottobre 2023 – L’inverno delle culle, quando si fanno meno bambini, è una questione di capitale importanza per il futuro di tutti noi e per l’economia anche di oggi. La falcidia nel numero dei giovani. Infatti, preoccupa anche le imprese. A rappresentare la questione il dato, aggiornato alle cifre del censimento 2021, di una Toscana che perde 30.000 residenti. Il calo si deve soprattutto al rientro in patria di cittadini stranieri, oltre ai deceduti per cause naturali, Covid compreso. Il tutto non bilanciato da un aumento delle nascite, che sono anzi diminuite. Se già negli anni ’90, in Italia, il numero dei 65enni superava quelli di chi ne aveva fino a 15, con il passare degli anni le cose non sono cambiate.

Secondo l’Istat rispetto al 2004, a luglio c’erano 2,4 milioni di occupati under 35, mentre gli over 50 arrivavano 4,5 milioni in più. I figli dei boomers (coloro che sono nati tra la seconda metà degli anni ’40 e la seconda metà degli anni ’60 nell’Occidente, ai tempi della Ricostruzione post bellica e del boom economico), sono circa la metà rispetto alla generazione che li aveva preceduti. Se poi si aggiungono le leggi che hanno aumentato l’età pensionabile, si capisce che l’aumento di occupazione registrato, sempre tra il 2004 e oggi, circa 1,1 milioni di addetti, vede sempre meno giovani al lavoro per l’ottimo motivo che il loro numero è calato.

Se diamo un’occhiata ai dati dei censimenti per quel che riguarda Empoli, si vede che nel 1971 la popolazione era aumentata del 19,3% per effetto dell’immigrazione interna, iniziata negli anni ’50, che aveva portato tanta gente del Sud a lavorare, ad esempio, in vetreria e, per le donne, nelle confezioni (nei primi anni a domicilio): i due settori che hanno creato la fortuna industriale della nostra città.

Già nel 1981 l’aumento era calato al 2,4%, per crollare a -3,7% nel 1991, per risalire dall’1,3 nel 2001. E in quella decade si vede già l’effetto delle immigrazioni, stavolta da Paesi stranieri, con una presenza importante, nel nostro caso, di cittadini cinesi. Se guardiamo oltre, si vede che al 2019 in città c’erano 7.692 stranieri, 2014 dei quali provenienti dal Dragone d’Asia, seguiti da 865 romeni, 822 albanesi e 785 filippini, per citare le cifre più importanti. La situazione delineata non può che impensierire, se si guarda alla prospettiva, chi opera nell’economia e chi tutela i lavoratori, i sindacati. Il coordinatore dell’Empolese Valdelsa della Cgil, Gianluca Lacoppola, offre numeri ancora più preoccupanti.

"Stando alle valutazioni, in Italia nel 2050 mancheranno milioni di lavoratori, soprattutto giovani, perché l’accelerazione della diminuzione è esponenziale. Intanto servirebbe una politica attrattiva, in primo luogo da parte del mondo del lavoro, che si ponga l’obiettivo non di sfruttarli ma di inserirli". Il tutto tenendo conto che la natalità, quand’anche aumentasse a livelli esponenziali, sarebbe sempre in ritardo per colmare i vuoti nelle culle già accumulati.

"Quando un’impresa si lamenta che non trova persone per ricoprire i posti disponibili deve tener conto della realtà dei numeri. E per una parte del sistema economico, ad esempio i pubblici esercizi, quando dicono di non trovare personale si devono considerare le condizioni inadeguate delle offerte di lavoro. E poi la competizione sul costo del lavoro, da tenere basso, rischia di rendere le imprese sempre meno attrattive, mentre chi opera puntando sulla qualità, con salari adeguati, i lavoratori li trova".

Il sindacalista invita anche a considerare che la formazione degli addetti non si fa per l’oggi, ma guardando al domani. "Servono – aggiunge Lacoppola - conoscenze su cui incardinare il lavoro in un’ottica di cambiamenti". Poi sottolinea che non si deve perdere l’etica del lavoro, che significa anche dignità delle persone. "In questo quadro abolire il reddito di cittadinanza e non prevedere ingressi dall’estero in modo legale sono funzionali alla logica dei bassi salari, che secondo noi non è quello che ci serve".