FRANCESCO CIUSA A FIRENZE

In mostra la madre dell'ucciso e altri capolavori



{{IMG_SX}} Firenze - Venezia è la città che con la Biennale del 1907 lo consacra artista internazionale. Ma è Firenze che gli indica il percorso figurativo da seguire, suggerendo un’impronta che resterà sempre forte e nitida, anche quando il suo stile avrà maturato originalità e tratti distintivi. Francesco Ciusa, nato a Nuoro nel 1883, arriva a Firenze a cavallo fra Otto-Novecento per frequentare l’Accademia di belle arti. Ed è qui che viene in contatto con l’arte di Domenico Trentacoste, Giovanni Fattori, Adolfo De Carolis; che conosce e frequenta Lorenzo Viani, Plinio Nomellini, Libero Andreotti, Enrico Sacchetti. A un secolo dal fortunatissimo debutto in Laguna, dove presentò la sua celebre statua La madre dell’ucciso, Firenze ospita la mostra di Ciusa passata proprio per Venezia, cogliendo l’occasione per un approfondimento critico di un artista non troppo noto al grande pubblico ma assai emblematico della cultura figurativa dei primi decenni del Novecento.
Sette le opere esposte fino al 26 febbraio nella Limonaia di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, riunite sotto il titolo «Francesco Ciusa: gli anni delle Biennali (1907-1928)», organizzata dalla Fasi (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia) e dall’Acsit (associazione culturale sardi in Toscana), curata da Giuliana Altea e Anna Maria Montaldo.
Al centro della mostra fiorentina c’è proprio il gesso de La madre dell’ucciso, opere che fece di Ciusa un giovane artista-rivelazione. A colpire era questa sua impronta plastica, di chiara matrice classico-rinascimentale e fiorentina che guarda alla lezione di Donatello, coniugata però con un’asprezza e un’essenzialità rintracciabili nei codici della sua Sardegna. Un linguaggio sintetico e incisivo - come si vede anche nelle opere Il pane, Il nomade, Dolorante anima sarda — , con tratti di primitivismo, senza però rinunciare a una morbida plasticità, evidente in sculture come L’anfora sarda e La filatrice.