Firenze, 27 gennaio 2025 - Il Giorno della Memoria rappresenta un momento cruciale per riflettere sugli eventi tragici che hanno segnato la storia dell’umanità, commemorando le vittime dell’Olocausto e riaffermando l’importanza di preservare la memoria.
Perché la data del 27 gennaio
Il 27 gennaio 1945, le truppe sovietiche della 60esima Armata del "primo Fronte ucraino", guidate dal maresciallo Ivan Konev, giunsero presso la città polacca di Oswiecim, conosciuta in tedesco come Auschwitz. Qui liberarono i superstiti del campo di concentramento, portando alla luce l’orrore dei lager nazisti e svelando al mondo gli strumenti di tortura e annientamento utilizzati. Dal 2005, questa data è stata ufficialmente riconosciuta come Giorno della Memoria dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, attraverso la risoluzione 60/7, e viene celebrata ogni anno per ricordare le vittime dell’Olocausto.
Le iniziative a Firenze
Il Comune di Firenze organizza un programma di iniziative coordinato dall’assessorato alla Cultura della Memoria. Dalle 10 nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio la cerimonia per le scuole con la presenza e i saluti della sindaca Sara Funaro e dell’assessora alla Cultura della Memoria e all’Educazione Benedetta Albanese. Durante la cerimonia, davanti ad oltre 250 ragazze e ragazzi, l’intervento del direttore dell’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell'età contemporanea Matteo Mazzoni e le testimonianze di alcuni studenti che, tramite il progetto Le Chiavi della Città, hanno partecipato al viaggio della memoria. A seguire la performance di Letizia Fuochi "Neve di carta – il Canto della Memoria". All’iniziativa partecipano le scuole secondarie di primo grado Gramsci, Carducci, Machiavelli, Guicciardini e il liceo Michelangiolo con la presenza della dirigente scolastica Federica Gambogi che interverrà durante la mattinata. Durante tutto il giorno su Palazzo Vecchio le bandiere saranno esposte a mezz’asta. Alle 12,30 alla stazione Santa Maria Novella la cerimonia commemorativa al binario 16 in memoria di tutte le deportazioni. Saranno deposte corone di alloro presso i monumenti e le lapidi che ricordano i Caduti deportati nei campi di sterminio, a Villa Vogel, al cimitero di Trespiano, alla Sinagoga, alle Leopoldine in piazza Santa Maria Novella, al binario 6 alla stazione Santa Maria Novella, al binario 16 alla Stazione Santa Maria Novella, alla Fortezza da Basso, e al Campo di tiro a segno alle Cascine. Inoltre le Biblioteche Comunali, i Quartieri e i Musei organizzano incontri, approfondimenti, presentazioni di libri e proposte di lettura a tema per grandi e piccoli.
A San Salvi va in scena il Quartetto Per la Fine del Tempo
Oggi a San Salvi va in scena il Quartetto Per la Fine del Tempo, spettacolo che parte dalla composizione musicale di Olivier Messiaen e dalla inusuale situazione in cui essa prese vita in un campo di detenzione tedesco. I Chille de la balanza lo presentano in uno spettacolo-studio in due parti: oggi e sabato 29 marzo, alle ore 19 e alle ore 21. (Posti limitati, info e prenotazioni: tel/whatsapp 335 6270739 o mail a [email protected]). Sul quartetto “Per la fine del tempo” annota Dario Ascoli, critico musicale e musicista, tra i fondatori di Chille de la balanza: “È la baracca 27 B, avvolta nella neve, nel campo di prigionia di Gorlitz che il 15 gennaio 1941 si riempie dei suoni del «Quartetto per la fine del tempo», appena composto dal pianista seduto ad un verticale scordato e dalla meccanica compromessa dagli urti, dall’umidità e dal freddo che in quell’inverno ha portato la temperatura a -15 e anche meno. Il compositore è un trentenne francese strappato alla sua ben avviata carriera in una retata nazista: il suo nome è Olivier Messiaen. In quella prima esecuzione il violinista era Jean Le Boulaire, poco più che un ragazzo che era riuscito chissà come e a che prezzo, a procurarsi uno strumento passato attraverso il filo spinato del campo di concentramento ai confini, azzerati da Hitler, tra Germania e Polonia. Un violoncello acquistato in città grazie a una colletta tra tutti gli internati e recapitato in virtù della complice e coraggiosa solidarietà di qualche anonimo cittadino, era suonato dal già celebre Etienne Pasquier, mentre il solo che poteva disporre del proprio strumento, perché occultato nel ridotto bagaglio ammesso, era il clarinettista ebreo Henry Akoka. Alla fine di quel singolare concerto il 15 gennaio 1941, un prigioniero si avvicinò ai quattro musicisti pronunciando una frase che essi non potranno e che nessuno dovrebbe mai dimenticare: «Questa musica ci riscatta tutti. Non ci riporta dove siamo, ma a quello che siamo. Esseri umani»”.
Visite al Memoriale delle Deportazioni
Oggi il Memoriale delle Deportazioni sarà straordinariamente aperto nel pomeriggio per due visite d’eccezione alle 15 e alle 16:30: dopo un’introduzione al piano terreno a cura di MUS.E, l’opera del primo piano sarà presentata dagli esperti dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. È infatti qui esposto il Memoriale un tempo allestito all’interno del Block 21 del campo di Auschwitz I, straordinaria opera d’arte immersiva, frutto della progettazione corale dello studio di architettura di Milano BBPR, dello scrittore Primo Levi, del pittore Mario “Pupino” Samonà, del regista Nelo Risi e del compositore Luigi Nono. La seconda parte della visita illustrerà quindi il complesso lavoro di restauro che ha riportato il Memoriale all'assetto attuale: si è trattato di un impegno eccezionale, svolto in collaborazione con l'Istituto Centrale di Restauro, che aveva per oggetto una installazione di dimensioni eccezionali, in materiali fragili, dove ogni elemento contribuisce alla sua intensità espressiva. Conoscere tecniche di intervento e ragionamenti che lo hanno guidato fornisce una chiave in più per comprendere l'opera e l'orrore che racconta.
L’iniziativa al Museo Novecento
Oggi alle 17:30 (ingresso libero fino a esaurimento posti) le porte del Museo Novecento si apriranno per accogliere l’Abate di San Miniato Bernardo Gianni, la storica e cantautrice Letizia Fuochi, e i giovani studenti del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci. La giornata sarà un invito a riflettere sui “limiti del perdono”, tema desunto dal volume di Simon Wiesenthal Il Girasole – I limiti del Perdono, che ruota intorno alle questioni aperte, e mai risolte, del perdono e della memoria condivisa di fronte a tragedie immani come quelle della Shoah e dell’Olocausto. Su queste questioni fondamentali si soffermerà l’Abate Bernardo Gianni. A seguire Letizia Fuochi introdurrà i contenuti del volume di Wiesenthal, ne racconterà l’origine e spiegherà la struttura. Infine, un gruppo di giovani studenti leggerà brani tratti da Il Girasole – I limiti del Perdono all’interno delle sale espositive, distribuendosi tra il piano terra e il secondo piano, che oggi accoglie le opere della collezione permanente. Prenderà corpo, così, un percorso concettuale e emotivo, che il pubblico potrà affrontare come un viaggio a ritroso nella memoria fino ai limiti del perdono.
La mostra agli Uffizi
Una ‘mostra-omaggio’ all’artista che visse l’orrore del lager, riuscendo nel mentre a raccontarlo in un diario. Ad organizzarla gli Uffizi, in occasione del Giorno della Memoria: protagonista del focus espositivo al primo piano della Galleria, sarà il pittore di origini ebraiche Aldo Carpi (Milano 6 ottobre 1886-27 marzo 1973). Tre le opere appartenenti alle collezioni del museo, che compongono la testimonianza. Si tratta degli autoritratti del 1925 e 1964 e di Dopo cena (ordinariamente esposta nella Galleria d’Arte Moderna a Palazzo Pitti) del 1913. Artista affermato fin dal primo decennio del Novecento, apprezzato professore dell’Accademia di Belle Arti di Milano dagli anni Trenta, autore di una pittura fantasiosa e non inquadrabile, Carpi verrà internato, in seguito ad una delazione sulle sue origini, nel campo di concentramento di Mauthausen-Gusen dove resterà imprigionato dal febbraio 1944 fino al maggio 1945. In quei mesi dolorosi, sfidando il più rigoroso divieto di scrittura, l’artista narra in presa diretta la vita dentro il campo attraverso un intenso diario in forma di lettere alla moglie e disegni che verrà pubblicato nel 1971 con il titolo Diario di Gusen. I disegni con cui l’artista affianca le lettere, nella loro cronistica restituzione della realtà del lager (i mucchi di cadaveri nei forni crematori, i corpi macilenti degli internati) testimoniano l’assurdità dell’orrore con forza documentaria ineguagliabile.
A teatro una storia vera tutta la femminile
Stasera (ore 21:15) al Teatro Aurora di Scandicci, Paola Minaccioni è la protagonista di ‘Elena la Matta’. Si tratta dell’appuntamento inaugurale dell’edizione 2025 di Auroradisera, la rassegna frutto della collaborazione tra la Fondazione Toscana Spettacolo onlus e il Comune di Scandicci.Fra documento storico, emozione e ironia, Paola Minaccioni veste i panni di un’antieroina del Novecento: Elena Di Porto, la “matta” del ghetto ebraico di Roma. Una storia vera tutta al femminile che si trasforma in uno spettacolo coinvolgente e di grande impatto emotivo. Il 16 ottobre 1943 le SS Naziste rastrellano il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz oltre 1000 ebrei della comunità romana. Fra questi c’è una donna, Elena Di Porto, che fino alla sera prima ha provato ad avvertire gli abitanti del ghetto del pericolo imminente. Nessuno, però, le ha dato retta, perché Elena è la “pazza” del quartiere ebraico, per l’appunto detta “la matta di Piazza Giudìa”. Paola Minaccioni presta corpo e voce alla figura di Elena Di Porto in un monologo scritto da Elisabetta Fiorito con la regia di Giancarlo Nicoletti e con le musiche dal vivo originali di Valerio Guaraldi. A oltre ottant’anni da quella triste ricorrenza, lo spettacolo è un emozionante viaggio nell’Italia della Seconda Guerra Mondiale, delle leggi razziali, della paura ma anche della speranza e della solidarietà. Una straordinaria prova d’attrice fra dramma e comicità di una della più apprezzate interpreti del panorama italiano.
Maurizio Costanzo