
Carlo Caldini, enologo che ha lasciato un posto da dipendente per investire su Legnaia
Firenze, 24 aprile 2023 - Legnaia sempre più polo fiorentino del vino? Sarà il secolare know how lasciato sul territorio dalla prossimità con i Colli fiorentini di Scandicci, ché qui il vino di qualità si fa da sempre, sarà quel suo essere naturale sbocco dalla Val di Pesa, già che la Pisana ha visto passare da sempre carri pieni di damigiane di Chianti, sarà quella forte impronta lasciata dalla cooperativa agricola per antonomasia, sarà per osmosi con quella San Frediano eletta dalla Lonely Planet quartiere più cool del mondo; fatto sta che da un decennio almeno il quartiere a ovest delle mura arnolfiane si sta punteggiando di vinerie, enoteche, cantine.
Dopo mezzo secolo di parentesi urbana e popolare del boom del Dopoguerra, dove sembrava che il rione si consacrasse a periferia esclusivamente residenziale, la gentrificazione che è esondata fuori porta San Frediano ha portato con sé quel fenomeno che i sociologi definiscono rurbanizzazione: la persistenza – o meglio la riscoperta, per un quartiere che è stato agricolo fino a memoria di capello bianco – di modelli rurali in ambito urbano, con tutto l’annesso dello slow-living e della valorizzazione dell’agroalimentare di qualità. Un processo che, tra gli effetti virtuosi della pandemia, si è enormemente accelerato con la scoperta della back yard lasciata da zone rosse e arancioni e si riflette sull’acquisto del fiasco o la bottiglia in tavola. Così nel quartiere le cantine si moltiplicano, ognuna con uno stile diverso e neppure concorrenziale tra loro: La piccola botte di via Bronzino, il Riserva 1924 di via Dosio, il vino sfuso di via Mortuli, il Note di vino di via dell’Olivuzzo, l’enoteca Jada di via Duccio da Buoninsegna, il Cucina conviviale (ex enoteca Nazdravie), la Cantina ricca di via Torcicoda, l’Enotecaluca di viale Talenti, l’Amerini un passo più in là al Ponte a Greve, solo per citarne alcune.
E oggi se ne aggiunge un’altra ancora diversa dalle altre, che pone l’accento sui vini di piccole realtà artigianali oltreconfine; perché alla gentrificazione e riurbanizzazione del quartiere, si accompagna un altro processo sociale: la glocalizzazione, ovvero la diffusione globale di identità locali. È “La Cantina di Legnaia”, aperta in via di Sant’Angelo davanti alla chiesa da Carlo Caldini, enologo che dopo aver girato il mondo come commerciale del settore, sceglie il piccolo rione natio per condensare anni di esperienza. Caldini, cos’è questa nuova Cantina? «È un negozio di vini sfusi di qualità e vini in bottiglia principalmente italiani e con una vasta selezione di vini esteri, dai classici paesi Europei, come Francia, Spagna, Portogallo ma anche dal nuovo mondo, quali Australia, Nuova Zelanda, Argentina». Cosa accomuna realtà così diverse? «Il focus su piccole aziende – la maggior parte non sono più grandi di 15 ettari – che hanno tuttavia un qualcosa da dire: certamente la loro storia, ma anche il livello tecnico, magari innovazioni in vigna o in cantina. Piccole realtà che con difficoltà arrivano sulle tavole dei consumatori e voglio fare loro da ambasciatore. C'è poi un'attenzione particolare al biologico e biodinamico. Infine una selezione personale: in primis sono io che assaggio i vini, se un vino non mi piace, può avere tutti i titoli che vuoi, ma non finisce sullo scaffale». Qual è stato il suo percorso? «Ho sempre avuto la passione per l'agricoltura: finito l'Istituto tecnico agrario e laureatomi in Enologia a Firenze, ho fatto alcune esperienze in loco: Chianti, Colli fiorentini, Chianti Classico. In seguito sono andato in Australia dove ho lavorato a lungo per Moët & Chandon. Poi ho fatto altre esperienze commerciali, otto anni in Inghilterra e infine sono tornato in Italia». …Dove ha lasciato un contratto sicuro da dipendente per gettarsi in questa impresa da commerciante autonomo. Perché? «Facevo un lavoro a un terminale per una multinazionale; ho parlato con me stesso e mi sono chiesto: ‘È questo che vuoi fare davvero? Forse è il momento di aprire qualcosa di tuo e metterti alla prova’. ‘Che cosa ti piace?’ ‘Il vino’. ‘E allora apri qualcosa che parla di vino e cerca di far presente al pubblico che ci sono altre realtà oltre alle solite cantine che si trovano nei supermercati’». Questo non è il centro storico, dove siamo abituati a vedere nascere queste piccole boutique dell'agroalimentare, e non è neppure la San Frediano con i suoi fermenti culturali e internazionali. È Legnaia, un rione popolare. È una scommessa o l’onda lunga fuori Porta di San Frediano? «Entrambe: passeggiando per le strade di Legnaia, Isolotto, Soffiano si vedono realtà nella ristorazione di un certo livello che fino a qualche anno fa, quando ero partito, erano impossibili da immaginare in questa periferia. Ho pensato che un negozio di vino di questo tipo potesse essere una scommessa interessante. Senza perdere l’attenzione anche per la fascia più popolare: spesso si pensa erroneamente che la qualità debba coincidere con un prezzo esagerato, ma non è sempre così: si trovano ottime bottiglie anche con 5 euro».