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La presentazione del restauro
Firenze, 15 febbraio 2025 - Il Beato Angelico affida a una scena teatrale di rara potenza e intensità la rappresentazione della Deposizione del Cristo nella Pala di Santa Trinita che, dopo un lungo e complesso lavoro di restauro possibile grazie all’importante sostegno dei mecenati di Friends of Florence e realizzato da Lucia Biondi, torna in esposizione nel Museo di San Marco, dove potrà essere ammirata dai visitatori che avranno modo di apprezzare i risultati di questo importante intervento conservativo. Questa nuova restituzione conferma la preziosa collaborazione tra la Direzione regionale Musei nazionali della Toscana del Ministero della Cultura e la Fondazione Friends of Florence che negli anni ha reso possibile con il suo sostegno, tra gli altri, il nuovo allestimento della Sala del Beato Angelico, che custodisce la più ricca collezione al mondo di opere su tavola dell’artista, tra i massimi maestri del primo Rinascimento fiorentino, e di alcuni dei suoi capolavori come la Pala di Bosco ai Frati. La Deposizione sarà visibile nella Sala del Beato Angelico fino a settembre 2025 quando sarà tra le opere protagoniste della grande mostra “Angelico”, la prima dedicata all’artista da Firenze dopo oltre settant’anni dalla prima monografica del 1955, attesa a Palazzo Strozzi e al Museo di San Marco e curata da Carl Brandon Strehlke con Angelo Tartuferi e Stefano Casciu. Un percorso irripetibile, con prestiti provenienti dai più importanti musei e istituzioni al mondo, grazie alla collaborazione tra la Fondazione Palazzo Strozzi, la Direzione regionale Musei nazionali Toscana del Ministero della Cultura e il Museo di San Marco, che ospiterà le sezioni dedicate agli inizi dell’Angelico e alle miniature, oltre ad offrire il percorso tra i celebri affreschi del Frate pittore. La Deposizione, commissionata tra il 1429 e il 1432 da Palla Strozzi in onore di suo padre Onofrio per la Sagrestia della Chiesa di S. Trinita, trasformata in cappella di famiglia, rappresenta uno dei primi capisaldi della produzione artistica matura del Beato Angelico, che lo stesso Vasari ebbe modo di menzionare nelle Vite, ricordando come “mise tanta diligenza che si può, fra le migliori cose che mai facesse, annoverare”. Con quest’opera, Angelico scardina il modello tradizionale delle pale d’altare di impianto medievale, caratterizzate dall’accostamento di più tavole dipinte separatamente e divise da colonnine e guglie. Introducendo un nuovo modello di pala, improntata ad una visione unitaria dello spazio dipinto, all’interno del quale i personaggi e le storie narrate, oltre ad acquistare maggiore respiro in uno spazio dichiaratamente prospettico, assumono una dimensione più solenne e monumentale, con accenti teatrali. Dopo l’avvio dell’opera da parte di un altro frate pittore, il camaldolese Lorenzo Monaco, che eseguì entro il 1425 le tre cuspidi e la predella, la commissione venne affidata dagli Strozzi al Beato Angelico, che riuscì a far dialogare straordinariamente il suo linguaggio moderno e innovativo con quello più tradizionale e ancora gotico di Lorenzo Monaco, dando unità alla pala. L’opera presenta i toni di una vera e propria scena teatrale, dove i ventotto personaggi si affollano in primo piano. La critica ha cercato di comprendere se tra i personaggi raffigurati dall’Angelico sono riconoscibili i ritratti di personaggi del tempo, in particolare dei committenti della famiglia Strozzi. Il centro della scena è occupato dal corpo di Cristo deposto dalla croce, sostenuto da alcuni personaggi che si affannano sulle due scale per sorreggerlo, affiancati dalle Marie piangenti. In primo piano colpisce la figura inginocchiata di un giovane in abiti contemporanei, identificato col Beato Alessio Strozzi, che sembra svolgere il ruolo di intermediario tra l’osservatore e l’evento sacro. Altro elemento di novità, che il restauro ha contribuito a mettere maggiormente in risalto, è dato dal paesaggio sullo sfondo, con le colline della campagna toscana e una città turrita, Gerusalemme, che allude anche a Firenze. Un paesaggio illuminato da una luce chiara e intensa che avvolge tutti i personaggi, dando risalto alle vesti rifinite in oro. Splendido il prato fiorito e lussureggiante in primo piano. “Un altro capolavoro dell’Angelico si aggiunge alla lista delle opere restaurate grazie al generoso sostegno di Friends of Florence – afferma Stefano Casciu - che dimostra ancora una volta una particolare attenzione e un vero amore per il Museo di San Marco e i dipinti del grande pittore domenicano. La Deposizione di Santa Trinita è uno di quei capisaldi dell’arte occidentale, e del Rinascimento fiorentino in particolare, presente in tutti i manuali di storia dell’arte. Il suo attuale restauro è quindi un vero evento, soprattutto per il magnifico risultato che fa risplendere ancor più i colori, la luce, i volumi, la prospettiva, il paesaggio, le raffinate figure che compongono questo capolavoro assoluto. Come sempre il restauro è un lavoro che vede collaborare molte figure e molte professionalità. Un grazie particolare va ai restauratori Lucia Biondi e Roberto Buda, ad Angelo Tartuferi direttore dei lavori, e naturalmente a Simonetta Brandolini d’Adda, vera mecenate ed anima dei Friends of Florence.” "La Deposizione di Santa Trinita - installata nella Sagrestia nel 1432 - si colloca al termine del primo periodo dell’attività del maestro, attivo dal 1415 circa, e costituisce una straordinaria svolta concettuale e stilistica. I risultati eccellenti conseguiti dal restauro – sottolineano Angelo Tartuferi e Marco Mozzo - agevoleranno gli studi e le ricerche future per chiarire i molti interrogativi ancora irrisolti posti dall’opera, inclusi quelli sull’identificazione precisa dei numerosi personaggi che assistono all’evento sullo sfondo di uno dei paesaggi più belli della pittura italiana del primo Rinascimento”. “Il Museo di San Marco è un luogo molto caro a Friends of Florence e le opere del Beato Angelico sono di fondamentale importanza per i nostri donatori - sottolinea la Presidente Simonetta Brandolini d’Adda -. Insieme ad altri progetti eseguiti in questo magnifico museo abbiamo seguito un vero e proprio percorso, attraverso il restauro delle opere del Beato Angelico nel Chiostro, nella Sala del Capitolo e poi nella Sala che qui è dedicata a lui. Ringrazio a nome della Fondazione Stefano Casciu, Direttore regionale Musei nazionali della Toscana, Angelo Tartuferi, già Direttore di San Marco e l'attuale Direttore del Museo Marco Mozzo per averci offerto l’opportunità di contribuire alla salvaguardia di quest’opera così affascinante; ringrazio inoltre Lucia Biondi che ha realizzato l’intervento su questa tavola meravigliosa. Il nostro grazie va anche a Peter Fogliano e Hal Lester, i nostri donatori così generosi ed illuminati che hanno reso possibile l’intero intervento.” “Se restaurare le opere di grandi artisti è sempre impegnativo per il carico di responsabilità che questo comporta, nel caso del lavoro sulla Deposizione di Santa Trinita di Beato Angelico la posta in gioco era molto alta e la finalità del progetto assai ambiziosa – racconta la restauratrice Lucia Biondi – ma ho potuto contare sul sostegno del profondo legame stabilito con Angelico, di cui ho restaurato anche il Giudizio Finale e la Pala di Bosco ai Frati, sempre nel Museo di San Marco”. Il restauro. Il lungo e delicato restauro durato due anni ha recuperato con l’intervento di pulitura i valori di trasparenza e luminosità della pittura dell’Angelico, che appariva appiattita e opaca, diminuita nei volumi e nella prospettiva. La visione dell’artista, ricca di sottigliezze di luce e colore e di grande sensibilità per il dato naturale, trova un vertice nel suggestivo paesaggio che fa da sfondo alla scena sacra, che prima del restauro era del tutto privo di profondità. Il minuzioso intervento di ritocco pittorico ha ricucito le numerose, piccole mancanze, causate dalle vecchie vernici che avevano letteralmente strappato le stesure più sottili, e le abrasioni delle antiche puliture. La verniciatura finale è stata studiata appositamente per saturare la pittura e non appesantirla con un’eccessiva lucentezza, in modo da enfatizzare la leggerezza e la trasparenza delle campiture. Sono state svolte anche indagini diagnostiche per cercare di comprendere meglio il rapporto tra le parti dipinte da Lorenzo Monaco (cuspidi e predella) ed il completamento dell’Angelico, con la scena principale e i pilastri laterali con le figure dei Santi, ma molto resta ancora da spiegare. Maurizio Costanzo