MICHELE BRANCALE
Cosa Fare

Il cuore mendicante di Simone Weil sulle tracce di San Francesco

"Una santità geniale" di Sabina Moser scandaglia il tema. Confronto a più voci nella Basilica di San Miniato al Monte martedì 4 marzo

Simone Weil

Simone Weil

Firenze, 3 marzo 2025 - Essere mendicanti, accettare la provvisorietà, è il tratto di quell’ essere “separati” dalla modalità corrente di vivere e di pensare sempre più al di fuori dal senso del tempo. Pensiamo alla santità figurandoci le aureole, ma è un'altra cosa: è anche questa “separazione”. Per avvicinarsi al tema, martedì 4 marzo, alle 17, presso le antiche cantine del frantoio, con ingresso dalla cripta della basilica dell'abbazia di San Miniato al Monte, Cristina Giachi, Sergio Givone e padre Bernardo Gianni si confronteranno sul tema, ispirandosi al libro di Sabina Moser 'Una santità geniale. Simone Weil in dialogo con san Francesco', edito da Le Lettere.

"Il mondo ha bisogno di santi che abbiano genio come una città dove infierisce la peste ha bisogno di medici", scrive Simone Weil (1909-1943) che ebbe in Francesco d'Assisi un riferimento molto presente nelle sue riflessioni e scelte. Anche lei si interrogava sul rinnovamento religioso che per Machiavelli, nel caso di Francesco, ebbe efficacia perché ritirò "la religione verso il suo principio". Moser scandaglia più aspetti della ricerca di Weil, anche quelli più problematici legati alla dimensione dell'obbedienza e dell'umiltà, come anche del rapporto con la Chiesa: fatte le dovute differenze di tempo e di contesto (forse è bene leggere subito le note biografiche poste nelle pagine finali del libro, Francesco varca la soglia, Simone Weil per molti versi – ma stiamo semplificando – no, anche perché non ne ha avuto il tempo pur coltivando la domanda, a partire da quella sui sacramenti. Tuttavia non è trascurabile né casuale che riposi nella sezione cattolica del cimitero di Ashford.

Diverso è il discorso della mendicità, dello spossessarsi di sé. Weil vive la dimensione della mendicità e su di essa si interroga a partire proprio da Francesco, con un linguaggio non di rado filosofico, che poi si scioglie quasi in un canto: “Dio attende con pazienza che io voglia infine acconsentire ad amarlo. Dio attende come un mendicante che se ne sta in piedi, davanti a qualcuno che forse gli darà un pezzo di pane. Il tempo è questa attesa. Il tempo è l’attesa di Dio che mendica il nostro amore”. Moser osserva giustamente che “acquisire l’anima di un mendicante, meglio ancora di un mendicante che ha pudore, significa essere spogliati di ogni diritto, di ogni pretesa, di protezione a salvaguardia del proprio io, diventando così capaci di imitare Dio nella pazienza dell’attesa”. E’ una bella domanda e una bella testimonianza.