Firenze, 4 febbraio 2025 - Tempo rubato. Ma non perduto. Perché come affermava Carter G.Woodson, fondatore del Black History Month negli Stati Uniti, "chi non conserva le testimonianze delle imprese dei propri antenati perde lo stimolo offerto dall'insegnamento delle loro vite": raccogliere quel tempo nelle nostre mani, fatto di storie marginalizzate, oscurate, cancellate, è il cuore delle due mostre inaugurate stamani al MAD - Murate Art District.
Il polo creativo ed espositivo diretto da Valentina Gensini celebra i nove anni di collaborazione con Fondazione MUS.E e Black History Month attraverso una doppia retrospettiva realizzata grazie al contributo di Fondazione Cassa di Risparmio: nell'ambito della decima edizione del festival ideato da Justin Rundolph Thomson e dedicato alle culture afro-discendenti nel contesto italiano, sono aperte fino al 4 maggio le monografiche "Divorando le pietre", che celebra l'opera dell'artista Georges Adéagbo in dialogo con tre città italiane - Firenze, Roma, Venezia - e "Tremendous mobility", un viaggio nell'archivio dell'eclettica figura di William Demby, autore, giornalista e attore protagonista della vita culturale dell'Italia del dopoguerra.
L' "archeologia della conoscenza e della mente" di Adéagbo è una costellazione astratta di oggetti quotidiani, sculture in legno, libri e reperti provenienti dal Benin, che sotto forma di complessi collage ripensano il tempo e la geografia, le tradizioni artistiche e le convenzioni sociali, decostruendo pregiudizi e preconcetti, ma mantenendo il dialogo visivo con l'eredità storica di Firenze - le sue mappe, gli affreschi e l'architettura - lungo un filo sottile di reinterpretazioni, esperienze personali e associazioni stratificate chiamato scambio transculturale.
Allestita al primo piano in Sala Anna Banti, in Gallerie e nelle Celle, la mostra su William Demby, elaborata durante la residenza permanente di Black Archive Alliance e promossa dal centro di ricerca The Recovery Plan, è una piattaforma d'indagine che approfondisce i legami esistenti tra l'Italia, il continente africano e la sua diaspora attraverso gli archivi pubblici e privati di un personaggio poliedrico di rilievo nel panorama culturale nazionale del dopoguerra: la partecipazione all'Avanguardia degli anni Cinquanta a Roma, l'impegno nella raccolta di opere d'arte, i contributi sperimentali al canone letterario come a quello artistico, oltre ai numerosi articoli e recensioni relativi ad eventi chiave - dall'Eritrea e l'Etiopia post coloniali al Secondo Congresso degli Scrittori e Artisti Neri nel 1959 fino alla Biennale di Venezia - sono riuniti in un corpus di documenti e fotografie inedite, integrato da una serie di pubblicazioni e riflessioni sul suo impatto storico a cura Kevin Jerome Everson e Justin Randolph Thomson.