Firenze 8 maggio 2010 - Esercitarono "le loro funzioni a fini ritorsivi". E' quanto si legge nella motivazione della sentenza resa pubblica dal Tribunale di Firenze che il 22 gennaio scorso ha condannato il pm perugino Giuliano Mignini e l'agente di polizia Michele Giuttari (nella foto) per abuso d'ufficio nell'ambito dell'inchiesta di Perugia connessa a quella sul 'mostro' di Firenze.
Secondo quanto fa sapere il Tribunale, Mignini e Giuttari avrebbero avuto comportamenti "vendicativi" nei confronti di chi ritenevano esageratamente critico nei confronti delle loro inchieste, quelle condotte sul 'mostro' di Firenze e sulla morte del medico Narducci. Nella fattispecie, i due si sarebbero serviti di intercettazioni e di altri accertamenti personali, indagando quindi in modo illecito su funzionari di polizia, come l'ex questore di Firenze De Donno e l'ex direttore relazioni esterne Roberto Sgalla, su giornalisti come Vincenzo Tessandori, Gennaro De Stefano e Roberto Fiasconaro e su magistrati.
L'accusa all'atteggiamento di Mignini - riporta la sentenza - è "di avere costantemente dimostrato nei suoi atti una mancanza di adeguata ponderazione e di senso del limite". Quanto a Giuttari, il tribunale di Firenze ha affermato che ''le pressanti intimazioni a Mignini travalicano ogni limite possibile nei rapporti fra ufficiale di pg e pm quasi che il primo possa dirigere l'attivita' del secondo''. Sarebbe stato proprio il poliziotto ad avere l'iniziativa nelle condotte illecite. Questa la motivazione alla base della diversa entità delle pene (un anno e quattro mesi a Mignini, un anno e sei mesi a Giuttari).
Giuttari e Mignini sono stati invece assolti, "perché il fatto non sussiste'', per gli accertamenti 'paralleli' svolti rispetto alla procura di Genova in relazione alla registrazione che Giuttari fece di una sua conversazione con il pm Paolo Canessa.
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