Firenze, 25 novembre 2024 - Donne vita e libertà, Nosotras, Nonunadimeno. Sono tanti, tantissimi i movimenti femminili che non sono mancati all'iniziativa in piazza della Signoria a Firenze lanciata dal nostro gruppo editoriale, nell’ambito del progetto #QNxLeDonne. Insieme a loro, i sindacati come Cgil Donne, Cisl Donne e Uil Fpl.
Lo slogan “Donna, vita, libertà” è stato gridato nelle strade di tutto l'Iran, nelle aule scolastiche, nei luoghi di lavoro. E viene sventolato anche a Firenze, in occasione del 25 novembre: "La violenza non è solo fisica ma anche psicologica, verbale. Togliere la libertà a una donna, come sta succedendo in Iran, è violenza" dice Ghissu Mossoumnia.
"Not a single story. Se condividi puoi salvare anche la vita di un'altra persona". E ancora: "La lotta di una è la lotta di tutte". Sono gli slogan delle donne Nosotras. Donne di tutte le nazionalità e di tutte le età che si battono per un credo comune: "L'uguaglianza". "Le discriminazioni riguardano tutti e tutte, riguardano la nostra quotidianità, la vita di tutti i giorni. Dobbiamo tutti quanti batterci affinché venga applicato il piano nazionale contro la violenza maschile sulle donne con azioni di contrasto e prevenzione" le parole della presidente Isabella Mancini.
Le donne Nonunadimeno il volto del nemico da sconfiggere lo hanno chiaro: "Il patriarcato". Sono diverse le associazioni che sono intervenute in piazza per far sentire la propria voce. Maria Cristina Altieri, per esempio, è mamma di due figlie di 40 e 31 anni e di due nipotine. Per lei il 25 novembre assume un significato particolare: sua figlia era molto amica di Michela Noli, brutalmente accoltellata dall'ex marito, e da allora ha capito "che può succedere a chiunque". "Non ci rendiamo conto della situazione che viviamo se non quando ci tocca da vicino. Bisogna parlarne, non isolarsi, perché spesso si tende a pensare di poterne uscire da soli, invece no. Tutte noi abbiamo bisogno dell'aiuto di qualcuno".
Al flash mob hanno partecipato anche Marisa Grilli, Gessica Beneforti, Giuliana Mesina ed Elisabetta Guernieri: sono le rappresentanti di Cgil Donne. "L'indipendenza economica è il primo passo per permettere a una donna di essere veramente libera – le loro parole – , la violenza non è solo fisica ma anche verbale ed economica. Non è giusto che le donne guadagnino meno degli uomini, che debbano faticare il triplo per avere un posto di ruolo. Non bisogna mai smettere di denunciare queste discriminazioni".
Raffaella Baroni di Uil Fpl, membro del CPO, il comitato pari opportunità regionale, è chiara: "Si crede che la violenza verso le donne sia un fenomeno poco diffuso, mentre è un fenomeno esteso, anche se sommerso e, per questo sottostimato, sono molte le donne che hanno alle spalle storie di maltrattamenti ripetuti nel corso della loro vita. Si pensa che questo fenomeno riguardi solo le fasce sociali svantaggiate, emarginate, deprivate; invece è un fenomeno trasversale che interessa ogni strato sociale, economico e culturale senza differenze di età, religione e razza. Sono tanti gli stereotipi che ruotano intorno al fenomeno della violenza di genere che non fanno altro che contribuire a mantenerlo in vita. Ma trovare la forza di interrompere il legame, se necessario fuggire e difendersi, cioè fare il primo passo per mettere fine alla violenza è un dovere delle donne verso se stesse". Un percorso di ricerca di aiuto che può essere lungo e difficile. Poi Baroni prosegue: "Il Consiglio d'Europa raccomanda un centro antiviolenza ogni 10.000 persone e un centro d’accoglienza ogni 50.000 abitanti: in Italia dovrebbero esserci dunque 5.700 posti letto ma ce ne sono solo 500, contro i 1.100 della Francia, i 7.000 della Germania, i 4.500 della Spagna e i 3.890 dell'Inghilterra. Le richieste di aiuto delle donne ai centri antiviolenza aumentano di anno in anno, ma le capacità di ospitalità ed accoglienza non sono all'altezza".