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Buffalo Bill
Firenze, 26 febbraio 2025 – Il 26 febbraio 1846 nasceva una leggenda, Buffalo Bill, grazie al quale il Far West anni dopo conquistò Firenze e l'Italia. La prima volta fu nel 1890, quando il leggendario William Frederick Cody – meglio conosciuto come Buffalo Bill – sbarcò a Napoli con la sua carovana di oltre seicento persone, fra cui un centinaio di indiani e un nutrito gruppo di cavalli, bisonti, orsi, alci e cervi. Se a Napoli gli uomini di Buffalo Bill vennero sconfitti dai butteri dell’Agro Pontino nell’arte di domare i cavalli, ben presto la compagnia si diresse a Firenze, dove si accampò sul lungarno della Zecca ed entusiasmò il pubblico con ricostruzioni di scene del West americano, corse, spettacoli di tiro e prodezze a cavallo.
Buffalo Bill tornò a Firenze nel 1906, guidando stavolta una carovana ancor più numerosa, composta da oltre mille persone e da una moltitudine di animali. Fu un vero e proprio successo che animò la città, malgrado gli scetticismi iniziali di un pubblico più avvezzo a concerti d’opera e mostre d’arte. La scena che i fiorentini apprezzarono di più, come sottolineò un cronista, fu l’assalto alla diligenza di Deadwood da parte degli indiani, che sembravano sul punto di vincere prima di essere “invariabilmente sconfitti” dall’arrivo provvidenziale della cavalleria. Il Wild West Show di Buffalo Bill non si limitò all’Italia: si esibì ben tre volte in Europa. La prima volta, nel 1887, riscosse enorme successo in Gran Bretagna, con la Regina e milioni di sudditi affascinati da questi veri cowboy e indiani, cavalli selvaggi e bisonti in scena. Fu un evento rivoluzionario per chi non aveva mai sentito parlare del West, né immaginava potesse essere popolato di avventurieri e nativi in lotta con l’esercito americano. Incoraggiato dall’entusiasmo inglese, il Wild West Show sbarcò sul continente nel 1889-1890 e, in alcune sue componenti, vi rimase fino alla tournée finale del 1893.
A Firenze, città d’arte, d’opera, culla della lingua italiana grazie a Dante e Petrarca, patria natale di Leonardo e culla delle architetture di Brunelleschi, la notizia dell’arrivo di questo circo del West non suscitò inizialmente grande clamore. L’attenzione dei giornali era monopolizzata dalle vicende politiche, dalla crisi coloniale in Africa, dalle questioni legate alla famiglia reale e da un’epidemia influenzale. Eppure, quando Buffalo Bill si stabilì alla Zecca lungo l’Arno e più tardi a Campo di Marte, il pubblico non tardò ad accorrere, stregato dalle corse, dai tiri di precisione, dai bufali e dagli indiani che, in alcuni casi, provenivano direttamente dalle prigioni governative americane.
La differenza tra la sofisticata Firenze e la rude frontiera americana parve insormontabile solo in un primo momento. Ben presto, infatti, la capacità di esibire un vero spettacolo, con autentiche storie di cowboys, cavalli bradi e pellerossa, finì per catturare la curiosità dei fiorentini, che accolsero con entusiasmo e curiosità un frammento di quell’America lontana. L’impronta di Buffalo Bill fu così forte da influenzare la successiva interpretazione della storia del West, offrendo un modello che sarebbe stato ampiamente ripreso, persino da Hollywood. Oggi, a più di un secolo di distanza, la memoria di quelle tournée in Italia sopravvive negli articoli dei giornali e nei ricordi tramandati di generazione in generazione. L’immagine di cowboys e indiani a spasso per le strade fiorentine è una testimonianza vivida di come la città, pur cullata dalle sue glorie rinascimentali, seppe restare aperta alle novità più imprevedibili, accogliendo lo spirito del Far West sulle rive dell’Arno.
Una curiosità: Cody, caratteristica cittadina alle porte del meraviglioso parco di Yellowstone, nel Wyoming, deve il suo nome proprio al cognome anagrafico di Buffalo Bill ed è gemellata con Camaiore.