Firenze, 11 gennaio 2024 – Raccontare i primi 50 anni di Matteo Renzi è un viaggio nella vita personale e politica di una delle menti più effervescenti di questi primi anni 2000. Da Rignano sull’Arno a Roma, dalle porte di Palazzo Vecchio a quelle di Palazzo Chigi, passando per i boy scout, la Fiorentina, Tony Blair e Barack Obama. Una cavalcata che lo ha portato a diventare il più giovane presidente del consiglio della storia della Repubblica, ma anche uno dei personaggi più discussi, e controversi, dell’ultimo ventennio.
Le prime esperienze politiche
Matteo Renzi nasce l’11 gennaio 1975 da babbo Tiziano e mamma Laura. Il padre, consigliere della Democrazia Cristiana a Rignano tra il 1985 e il 1990, è il suo primo riferimento politico. Sono gli anni in cui il giovane Matteo indossa ancora il berretto verde e il fazzolettone degli scout, esperienza che segnerà praticamente tutta la sua vita politica. Al liceo compie i primi passi e forma una lista alternativa a quelle di destra e sinistra, ricordando come all’epoca fosse solito litigare "sia con i comunisti che con i fascisti". Homo faber suae quisque fortunae.
Nel 1996, a 21 anni, entra nei Comitati per l'Italia che vogliamo a sostegno di Romano Prodi, mentre nel 2002 sceglie di aderire alla Margherita di Francesco Rutelli, lista che raccoglie il Ppi, Rinnovamento Italiano (Lamberto Dini), e i Democratici (Arturo Parisi). La stoffa c’è ed è per questo che alcuni esponenti della cerchia di Rutelli lo candidano, seppur giovanissimo, alla presidenza della Provincia di Firenze. Renzi sfida e batte il candidato di centrodestra Federico Tondi, passando non ancora trentenne con il 58,8 per cento dei voti.
L’ascesa a Palazzo Chigi
Sono gli anni di Tony Blair e Barack Obama, quelli in cui si inizia a intravedere una terza via liberale tra destra conservatrice e sinistra con reminiscenze socialiste. A convincere i vertici della Margherita sono la sua esuberanza ed un linguaggio lontano dalle vecchie liturgie della politica, ma anche una battaglia contro gli sprechi della 'casta' politica che lo trasformano in una sorta di ‘rottamatore ante litteram’. Nel 2008, ad appena un anno dalla nascita del Partito Democratico, i futuri Dem lo candidano al Comune di Firenze. Renzi vince contro l’allora candidato del centrodestra, l'ex portiere del Milan, Giovanni Galli, schierato da quello che al tempo era il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Quella con il Cavaliere sarà una storia che accompagnerà il Rottamatore per tutto il proseguo della sua carriera politica e che lo porterà, negli anni, ad inimicarsi una fetta sempre più larga di elettori del suo stesso partito. E’ l’inizio di un periodo che culminerà con il Patto del Nazareno, l'accordo con cui Matteo Renzi, diventato nel frattempo segretario dem, stringerà la mano a Berlusconi per portare a termine una serie di riforme, da quella del Titolo V alla trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie.
Gli anni della sua definitiva ascesa politica, quelli del passaggio da Palazzo Vecchio a Palazzo Chigi, sono quelli che vanno dal 2012 al 2014. Da sindaco di Firenze, Renzi perde le primarie per la poltrona di segretario contro Pierluigi Bersani, una sfida che accentua ancor di più la divisione tra l’anima socialdemocratica e quella liberale e cattolica del Pd. Non solo. Bersani vince le primarie nel 2012, ma è costretto a dimettersi l'anno successivo in seguito alla mancata elezione di Romano Prodi al Quirinale. Al Cinema Capranica, dove è riunita l'assemblea dei parlamentari Pd, in 101 votano contro la proposta del segretario.
Bersani, impallinato dai cosiddetti ‘franchi tiratori’, si dimette poco dopo. Renzi prende le redini del partito il 9 luglio 2013 e diventa premier qualche mese dopo, quando la direzione del Pd, ormai a maggioranza renziana, sfiducia l’allora presidente del consiglio Enrico Letta. Un ribaltone che sa di beffa alla luce di quella frase, #enricostaisereno, lanciata da Renzi come un hashtag e pronunciata solo poche settimane prima dell’avvicendamento per rassicurare il collega di non tramare nulla contro di lui.
Dalla caduta a Italia Viva
Renzi rimane al Governo fino al 6 dicembre 2016, dopo aver perso il referendum sulla riforma costituzionale. E’ il preludio a quello che succederà cinque anni dopo, quando Renzi, subito dopo aver favorito la nascita del Conte-bis, uscirà dal Pd portando con sé buona parte dei suoi fedelissimi. Altri 'renziani doc' rimangono fra i dem, condizionando non poco le scelte dei gruppi parlamentari. E’ lo stile Renzi, un approccio alla politica "arrembante". Lo stesso che l'ex rottamatore, oggi leader di Italia Viva, intende rispolverare, forte dell'assoluzione nel processo Open. "Per mille giorni di governo ho vissuto sei anni di indagini. Per me adesso finisce il tempo dello zen, voglio tornare a fare politica in prima linea”. E ancora: “Sono un uomo felice, con il cuore colmo di gratitudine. E ho ancora tanta, tanta, tanta voglia di giocare".