
Amedeo di Savoia duca d'Aosta in una foto da giovane nella tenuta del Borro
Firenze, 1 giugno 2021 - Si svolgeranno venerdì 4 giugno nella basilica di San Miniato al Monte a Firenze i funerali del principe Amedeo duca di Aosta, morto oggi all'ospedale di Arezzo all'età di 76 anni. Lo si apprende da persone vicine alla famiglia. La salma si trova esposta presso la villa di Castiglion Fibocchi (Arezzo) dove il duca risiedeva con la moglie Silvia, e dove per tutto il giorno è proseguito l'omaggio di persone care e conoscenti.
In serata, dopo la benedizione impartita dal parroco di Castiglion Fibocchi don Adriano Ralli, la visita del sindaco Marco Ermini che ha portato il cordoglio dell'intera comunità locale. "Ho incontrato i figli e la famiglia per le condoglianze da parte di tutta la cittadinanza del nostro comune a cui il duca era molto affezionato" ha detto Marco Ermini.
Nato nel settembre del 1943 a Firenze, poco dopo l'armistizio di Cassibile che pose fine alle ostilità contro inglesi e americani, non aveva nemmeno un anno quando insieme alla madre Irene di Grecia e alle cugine Margherita e Maria Cristina nel luglio del 1944 viene internato dai nazisti nel campo austriaco di Hirschegg, vicino Ganz, su ordine di Heinrich Himmler. La liberazione arriva con i francesi nel maggio del 1945, sua madre Irene temeva l'arrivo dell'armata russa per via della parentela con lo zar Nicola. Fu solo allora che conobbe suo padre Aimone di Savoia che era in guerra e che morì quando Amedeo aveva solo quattro anni. «Aveva combattuto con straordinaria tenacia contro il cancro e per questo nessuno di noi pensava che sarebbe morto», ha detto di Amedeo d' Aosta la principessa palermitana Signoretta Alliata - intervistata da La Sicilia - tra le più care amiche di Silvia Paternò, discendente di una delle famiglie siciliane più aristocratiche e sposata dal principe in seconde nozze nel 1987 dopo la fine del matrimonio con Claudia D'Orleans. Dalla prima unione, Amedeo ha avuto tre figli, Aimone, Bianca e Mafalda. Poi c'è Ginevra, nata da una relazione con la regista olandese Kyara van Ellinkhuizen, e da lui riconosciuta come figlia. Da sempre pessimi, seguendo la tradizione, i rapporti con il cugino Vittorio Emanuele - che per una lite banale, sparò a un giovane tedesco nell'isola di Cavallo provocandone la morte dopo un lungo calvario - con il quale arrivò ai ferri cortissimi nella disputa su chi dei due fosse l'erede senza trono di casa Savoia. Nel 2006, la Consulta dei Senatori del Regno, un'associazione senza alcun potere giuridico, attribuisce ad Amedeo, che ha sempre sposato nobildonne, il titolo dinastico. Prevale sul detestato cugino perché Vittorio Emanuele si è sposato con Marina Doria - nemmeno una punta di sangue blu - senza il consenso del padre Umberto, e nel mondo dei nobili si può anche sposare una 'common' ma non senza chiedere il permesso. La saga continua e nella puntata successiva, Vittorio Emanuele e il figlio Emanuele Filiberto di Savoia registrano lo stemma di 'principe ereditario d'Italia' come logo imprenditoriale assieme a simboli di Casa Savoia per impedirne l'uso ad Amedeo e al figlio Aimone, ai quali viene ingiunto di utilizzare il cognome per esteso, ovvero 'Savoia- Aosta'.
Nel 2008, Amedeo perde la causa e nel 2010, viene condannato insieme al figlio, dal tribunale di Arezzo, per l'uso del cognome 'di Savoia' al pagamento del risarcimento danni per 200mila euro. Ma nel 2018, la fortuna torna da Amedeo che vince l'appello. I rapporti tra i due cugini sono così tesi che già nel maggio del 2004 al ricevimento dato a Madrid dalla allora regina Sofia per le nozze del figlio Felipe di Spagna con la giornalista Leticia Ortiz, oggi regina, Amedeo finisce a terra travolto da un pugno sferratogli da Vittorio Emanuele che aveva preso come una 'provocazione' la pacca sulle spalle ricevuta dall'odiato cugino. Tutto davanti a una cinquantina di teste variamente coronate ed esterrefatte, la stessa Sofia aiuta Amedeo a tirarsi su, mentre Marina Doria porta fuori il marito, e poi rientra a scusarsi al posto suo. Cose da 'common'. Terra amata ed eletta è stata per Amedeo la Toscana, in particolare l'aretino, anche dopo la vendita della tenuta del Borro ai Ferragamo, è rimasto qui in una casa che lui definiva «colonica», e si era dedicato ai vitigni e produceva un buon vino. Laureato in Scienze Politiche all'Università di Firenze, ha studiato al Collegio Navale Morosini di Venezia; e dopo l'Accademia Navale di Livorno è stato ufficiale della Marina Militare. Amava il mare, anche quello scuro di Pantelleria, buon retiro scoperto con Silvia, e attorno al loro dammuso cresceva una collezione di succulente, le piante grasse e orgogliose come le agavi che crescono incuranti del sole e del vento. Aveva un sogno, Amedeo, trovare le prove del tentativo dei Savoia - forse di suo padre Aimone tramite contatti con gli inglesi nel 1942 - di capovolgere le alleanze e affrancare l'Italia dalla morsa di Hitler. Ma il sogno non si è realizzato, il giudizio della storia continua a legare i Savoia alle leggi razziali e alla dittatura fascista.