Vichi
Guardava il soffitto e pensava alla sua vita di prima, al suo impiego nell’amministrazione pubblica che gli aveva sempre dato molte soddisfazioni, alle cenette di sua moglie mangiate davanti alla partita, alle passeggiate estive sul bagnasciuga, alle domeniche pomeriggio passate a bere e a giocare a carte a casa di suo cognato carabiniere. E piangeva. Non molto, solo qualche lacrima. Non arrivava mai a singhiozzare, non era da lui. Facendo molta attenzione scese dal marciapiede. Gli sembrò una grande conquista, la prova concreta che finalmente poteva camminare senza l’aiuto di nessuno. Era cominciata davvero una nuova vita, e sarebbe stata diversa da quella di prima, più bella. Essere scampato alla morte gli faceva vedere la vita in un modo tutto diverso. Dopo quell’incidente alcune cose per lui avevano perso di valore, e altre invece... Mattone su mattone avrebbe costruito la sua guarigione, la sua nuova vita. Prima o poi avrebbe potuto di nuovo camminare, saltare, nuotare, correre. Doveva solo metterci tutta la sua volontà, ogni giorno, fino alla fine. Sentì una scintilla di euforia nello stomaco, che svanì subito. Non aveva senso esaltarsi. Non in quel momento. Ora non aveva altro da fare che attraversare quello stradone deserto e salire sull’altro marciapiede. Poi quel lampione laggiù. Il resto sarebbe arrivato dopo, un po’ alla volta, mattone su mattone. Ci voleva tenacia e pazienza. Ma gli faceva bene avere una direzione precisa da seguire, un traguardo così importante davanti agli occhi. Aveva qualcosa di eroico. Il rombo continuo del traffico gli dava fastidio, lo distraeva dai suoi pensieri. Il viale era ancora lontano per le sue gambe, ma con calma ci sarebbe arrivato. La strada era un po’ in salita, e questo rendeva tutto più difficile. Si sentiva un po’ spaesato, frastornato, come se tutto intorno a lui fosse nuovo e si muovesse a una velocità accelerata. Ma era normale, per uno che non usciva di casa da più di un anno. Per mesi aveva immaginato quel giorno speciale, lo aveva desiderato più di ogni altra cosa… e adesso che lo viveva si sentiva soltanto un po’ strano. Era arrivato a un passo dalla morte, avrebbe potuto morire, non esistere più. In quel momento avrebbe potuto essere in un cimitero, con un mazzo di fiori appassiti davanti alla sua fotografia. Invece era ancora lì, come un resuscitato. Aveva davanti una nuova vita, avrebbe ritrovato le sue gambe e tutto sarebbe stato diverso. Più bello. Era arrivato appena a metà del tragitto, e aveva già voglia di tornare indietro. Si sentiva sfinito. Ma se cominciava a fare così ci avrebbe messo molto più tempo a guarire. Il fisioterapista era stato chiaro. Per guarire più in fretta ci voleva la forza della volontà. Doveva arrivare fino a quel lampione sul viale, a costo di metterci tutta la notte. Una delle infermiere era molto carina. Aveva dei modi un po’ sbrigativi, ma in fondo era gentile. Si chiamava Maria. Quando lui suonava per orinare sperava sempre che non arrivasse la bella Maria, con i suoi capelli neri e quegli occhi lucenti come sassi bagnati. Non voleva che fosse proprio lei a mettergli il pappagallo sotto il sedere. Si vergognava. E quando arrivava proprio Maria, lui allora le chiedeva un bicchier d’acqua o di mettere un po’ di musica. Poi aspettava un quarto d’ora e suonava di nuovo, sperando che arrivasse un’altra infermiera. E se invece arrivava Maria… Il clacson di un camion lo fece sobbalzare. Non aveva suonato a lui, ma era un suono a cui non era più abituato. Si fermò un minuto a riprendere fiato, poi ricominciò la scalata verso il viale. Il lampione era laggiù che lo aspettava, alto come una torre. A parte la fatica era bello camminare, più bello di qualunque altra cosa. Ancora qualche mese di pazienza, poi avrebbe ripreso a vivere normalmente. Sarebbe tornato a lavorare nel suo ufficio, avrebbe guidato la macchina, avrebbe fatto il bagno in mare e tutte le altre cose che fanno le persone normali. Be’, forse non sarebbe stata una nuova vita in tutti i sensi, ma lui si sentiva comunque un uomo nuovo, un resuscitato. Era andato fino all’aldilà e poi era tornato indietro. Doveva solo godersi quel regalo, scartarlo con calma e assaporarlo come un dolce. In ospedale era migliorato in fretta, e dopo qualche mese aveva cominciato la rieducazione funzionale. I primi tempi a letto, poi attaccato a qualche attrezzo. Dopo altri sette mesi il medico aveva detto che era arrivato il momento di camminare da solo.
2-continua