C’è folla, e tanta, nei corridoi del padiglione 9. Ormai da molti anni la casa dei vini toscani a Vinitaly, anche se in realtà sono tante le aziende sparse per varie strutture, con diverse griffe big concentrate anche nel 7, che del resto è confinante, quasi nessuna soluzione di continuità. A riassumere l’aria che tira, una battuta di Stefania Saccardi, vicepresidente e assessora regionale all’agricoltura: "L’umore? Un po’ di preoccupazione, ma per tutti c’è più gente e più interesse. Sensazioni positive". La presenza di Saccardi regala oltretutto un tocco di ufficialità al battesimo del nuovo’ Consorzio Vino Toscana, fin qui più noto come Consorzio Toscana Igt. Nuovo non solo nel nome: come spiega il presidente Cesare Cecchi, il Consorzio si allarga con l’adesione della Costa Toscana e dei Colli della Toscana Centrale.
Portano in dote oltre tre milioni di bottiglie di 4.139 aziende che valgono il 36,27% di tutto il vino toscano a denominazione, insomma qualcosa come 90 milioni di bottiglie e 495 milioni di valore della produzione, con il 31% - cioè 27 milioni e mezzo di bottiglie – assorbito dal mercato italiano; il restante 69 % va fuori, l’Europa è il mercato principale con il 46% seguita dagli Stati Uniti con il 33% e dall’Asia con il 6%. Una bella fetta di quel miliardo e 200 milioni di euro che vale il vino toscano all’export, un terzo di tutto l’agroalimentare della regione. "Una bella bandiera – nota Saccardi – per tante piccole aziende, una bella opportunità per fare squadra". Numeri e situazioni da bagnare con un brindisi. Bollicine, ovviamente toscane: Cecchi e Saccardi per l’occasione ne stappano quattro, solo un piccolo assaggio del fenomeno crescente che è lo spumante made in Tuscany. Prodotti con uve rosse o bianche, rosati di varie gradazioni, fatti con metodo classico o col sistema charmat: siamo già, informa Cecchi, a oltre 200 produttori di spumanti in tutta la Toscana, con una potenzialità di 5,5 milioni di bottiglie.
Naturalmente anche nel padiglione toscano tiene banco l’affaire dazi. E se Coldiretti valuta – per bocca della presidente Letizia Cesani – in 80 milioni la potenziale perdita per il Vigneto Toscana, che esporta negli Usa per 420 milioni (dato cresciuto del 10% nel 2024), i commenti sono prudenti. Saccardi sottolinea che "è ancora presto, e comunque la preoccupazione principale sono gli sciacalli che ne possono approfittare, quindi è il momento di stare calmi e tenere alta la bandiera della qualità". E anche per Cecchi "si deve valutare con calma, il prezzo alla fine lo fanno tante voci".
E intanto le aziende non stanno a guardare. Ci si ingegna per andare incontro ai gusti "nuovi", più green, come Stefano Cinelli Colombini che in Maremma produce un’intera gamma (Vermentino, Sangiovese, Ciliegiolo) senza solfiti. E c’è chi va a riscoprire vitigni sconosciuti o poco gettonati. Come la giovane e dinamica Elena Casadei, che in Casentino, a Romena, produce il suo Orpicchio, un bianco antico, in anfore di terracotta. O come Mannucci Droandi, che in Valdarno ridà vita al Gralima: è la storpiatura vernacolare dei vecchi contadini di "Lacrima del Valdarno", un rosso dal dna tutto suo, senza "parentele". Mille bottiglie, ma voglia di crescere.