GIOVANNI SPANO
Cronaca

Abbraccia l’Islam per sposare Dalia. Ora le nozze civili in Palazzo Vecchio

"Vorrei che ci unisse in matrimonio il sindaco Dario Nardella"

L’egiziana (e italiana) Dalia Fahmy, 27 anni, e Sauro Mazza, 34. Si sono conosciuti cinque anni fa, dopo un anno e mezzo di frequentazione hanno cominciato a pensare al matrimonio. Lavorano nella stessa ditta pelletttiera

Firenze, 21 maggio 2016 -  SAURO Mazza, 34 anni, e DaliaFahmy, 27, egiziana, nata a Firenze, impiegati in una ditta di pelletteria a Calenzano, dove hanno deciso di stabilirsi: si sono sposati il 2 aprile, dopo la decisione del giovane di convertirsi all’Islam. Domenica 28 maggio alle 10,30 saranno uniti in matrimonio anche per lo Stato italiano. Cerimonia in Palazzo Vecchio.

«E speriamo che possa celebrare le nozze il sindaco Dario Nardella, anche se è impegnatissimo» si augura il neo sposo. L’amore che trionfa, al di là dei credo religiosi, è sempre un po’ notizia, di questi tempi un po’ di più. Anche perché «soltanto così potevo sposare Dalja» è la necessaria, doverosa premessa di Sauro.

Mai avuto momenti di crisi al pensiero della conversione?

«Lei me lo ha spiegato con toni dolci, ma chiari: soltanto così avremmo potuto unirci in matrimonio.

Perché secondo la sharia, il diritto islamico, una musulmana deve assolutamente sposare un uomo musulmano.

«Sì, solo così. E anche dopo averla corteggiata, più che alla maniera occidentale, alla maniera araba: cioè incontrando i suoi genitori e chiedendo loro il permesso di frequentare la figlia. Ci siamo conosciuti circa cinque anni fa, a casa di amici».

«Non avrebbe potuto lei convertisi al cristianesimo? Lei era cattolico

«Credente sì, battezzato, ma non praticante. E comunque il mio avvicinamento alla religione islamica è stato graduale, è partito da lontano: noi due stavamo già insieme, la conversione è dell’agosto 2013»

Racconti la cerimonia

«Alla Moschea di Roma, davanti all’Imam che ha poi sottoscritto il certificato di conversione: ho voluto dare un significato, un tono ancora più ufficiale alla cerimonia».

Si ricorda la formula pronunciata in arabo?

«E’ la shahada, la preghiera e testimonianza di fede nell’Islam da recitare a memoria: Ashhadu an la Ilaha illa Allah, Ashhadu anna Muhammad rasulu Allah».

Traducendo?

«Attesto che non vi è altro Dio all’infuori di Allah, attesto che Mohamed (Maometto) è l’inviato di Dio».

Sappiamo che dopo la preghiera l’Imam fa firmare anche una sorta di ripudio della religione cristiana, in cui si dice che Issa (Gesù) è il servo di Allah

«Sì»

Il matrimonio ad aprile?

«Come una festa, dopo gli invitati sono venuti al ricevimento in un locale»

I suoi genitori come l’hanno presa?

«Bene. Mi hanno visto tranquillo e convinto, sono stati, sono, sereni. Anche mio fratello e mia sorella. Hanno accettato con gioia, con tolleranza: sanno che è stata una decisione ponderata, metabolizzata».

E i genitori di Dalia?

«La mamma era un po’ titubante, ma io l’ho rassicurata. Noi abbiamo cominciato a pensare al matrimonio un anno e mezzo dopo che stavamo insieme. Le ho detto che ero disposto a fare questo passo».

E il padre?

«Lo stesso direi»

Adel, il padre della sposa, è in Italia dal ’76. Lavora da ’Il Latini’, il celeberrimo ristorante di via dei Palchetti che ogni anno organizza il premio letterario ‘Amici del Latini’.

Gli amici?

«Lo stesso vale per il giro di amici e parenti. Non è cambiato niente»

Preghiamo in Dio, allora. Qualunque sia

«Esatto. Cinque volte al giorno: al sorgere del sole, a metà mattina, a metà pomeriggio, al tramonto e alla sera».