Firenze, 15 novembre 2018 - Firenze città razzista? A difesa della sua comunità il sindaco Dario Nardella ricorda il murales col volto di Nelson Maldela, grande quanto un intero palazzo, appena realizzato in piazza Leopoldo «per richiamare i valori della tolleranza contro ogni forma di discriminazione». Ma la testimonianza che arriva da Oltreoceano è comunque un pugno allo stomaco che costringe tutti a fermarsi e riflettere. Nicole Phillip, giornalista del New York Times, in un suo articolo racconta al mondo di una Firenze indegna, razzista e discriminatoria. E’ questo il ricordo della bellissima ragazza di colore, che per sei mesi ha vissuto in riva all’Arno da studentessa della New York University. Tanto da farle dire di aver scoperto solo in Italia cosa fosse il razzismo.
«La gente per le strade di Firenze mi chiamava Michelle Obama, Rihanna o Beyoncé e i venditori di piazza Duomo mi gridavano dietro ‘cioccolata’», scrive. Così come ricorda di essere stata ignorata quando chiedeva indicazioni da persone che credevano che stesse facendo l’elemosina. «Una sera ho chiesto indicazioni su un locale – rammenta – e una coppia di fidanzati mi ha risposto di non sapere dove fosse il bar che cercavo. Poi lui si è messo davanti alla compagna, come a volerla difendere da me, come se rappresentasse un pericolo». Insomma, l’entusiasmo per l’arte, la cucina, il sole e l’allegria del Belpaese sono passati in un soffio, lasciando dell’Italia e di Firenze un sapore amaro e doloroso. Al punto che adesso, che si appresta a tornare nella nostra Penisola, ne è ancora profondamente turbata: «Ora devo tornare a Lamezia Terme per il matrimonio di amici – scrive nel suo articolo – Cinque anni dopo sarò costretta a tornare in quel Paese che ha lasciato una cicatrice così profonda nel mio cuore».
Poco importa se alcune sue amiche americane hanno vissuto esperienze completamente diverse a Roma. Nicole Phillip ribadisce: «Questo è il mio personalissimo assaggio del razzismo all’estero. Non avevo idea di cosa volesse dire essere una ragazza nera fuori dagli Stati Uniti. I miei coinquilini erano stati in Italia ed erano tornati felici. Mi preparavo anch’io ad apprezzare arte, cibo e magari a vivere una bella storia d’amore. Ma trascuravo una differenza cruciale: loro erano bianchi, io un’afro-americana».
Fin qui l’accusa. Ma il sindaco Nardella cerca di riequilibrare l’accaduto, senza minimizzare la disavventura di Nicole. «La storia della studentessa americana ci colpisce tutti, ma voglio dire con molta forza e chiarezza che Firenze non è stata non è non sarà mai una città razzista – afferma –. Gli episodi di cui parla la ragazza statunitense non riguardano solo Firenze ma anche altre parti d’Italia e comunque sono fatti isolati, che però con altrettanta chiarezza voglio dire che non vanno affatto sottovalutati».
Il sindaco sostiene che tutto ciò dimostri, ancora una volta, quanto la famiglia e la scuola debbano riprendere un ruolo decisivo nella formazione delle nuove generazione e in generale nella diffusione di una cultura del rispetto e di un senso civico.
«IL RACCONTO di questa ragazza ci convince ancora di più della bontà della nostra iniziativa sull’introduzione della materia dell’educazione alla cittadinanza nelle nostre scuole», continua Nardella, ricordando che da Firenze è partita la raccolta di firme per la proposta di legge di iniziativa popolare. «Dentro l’educazione civica troviamo i principi e i valori del rispetto della persona, delle regole dell’amore verso la propria comunità – conclude Nardella –. Inoltre, l’educazione civica è anche uno strumento efficace per integrare meglio i giovani provenienti da altri paesi, proprio nel momento della loro formazione, ovvero all’interno del sistema scolastico. Queste battaglie richiedono tenacia e determinazione. Non possiamo più perdere altro tempo».