
Alcuni dei. protagonisti della serie tv Adolescence trasmessa da Netflix
La guardano, la commentano, alcuni genitori ci si riconoscono. C’è chi la definisce un dramma contemporaneo e chi consiglia di farla vedere a tutti gli adolescenti. Viene criticata, ma nessuno sembra ignorarla. Adolescence, la serie Netflix che racconta i turbamenti della generazione Z e più ancora la distanza fra genitori e figli, è finita nelle discussioni anche dei fiorentini. La trama ruota attorno a un tredicenne che uccide una coetanea e al dramma vissuto dai sui familiari, genitori e sorella maggiore. Partendo dai più giovani, cosa ne pensano dunque i fiorentini di Adolescence? "I temi sono importanti, ma non sono stati troppo approfonditi. Manca il supporto ai genitori, che sembrano lasciati ai margini", riflette Benedetta Pancani. "Il gesto estremo viene mostrato, ma sarebbe stato utile capire meglio cosa lo ha preceduto".
Nonostante qualche perplessità, molti riconoscono nella serie una forte dose di verità. "È realistica", dice Irene Mannini. "Aumenta la consapevolezza. Ci fa vedere certe situazioni da un altro punto di vista". Giulia Guidi è rimasta colpita dall’età dei protagonisti: "È molto bassa, ma oggi già da piccoli si è esposti a messaggi forti e si usano i social. Mi ha toccato come viene trattato il lato genitoriale". Federico Rosini è più distaccato: "Non uso molto i social, ma contribuiscono ad alienare i giovani, infatti storie così se ne sentono tante. Riconosco che descrive la società reale".
C’è anche chi osserva con occhio critico il ritmo narrativo: "Non è veloce, e il colloquio con la psicologa mi è sembrato superficiale – dice Emma Santini – però i temi sono attuali. Non ho vissuto certe cose, ma capisco che qualcuno ci si possa ritrovare". Erica Giacomozzi riflette sull’importanza di trattare questi temi: "Bisogna prestare attenzione. Alcune cose sono un po’ estremizzate, ma è giusto parlarne". Tra chi è rimasta colpita c’è Arianna Lupini: "Oggi il tema della violenza è centrale ed è giusto così, ma spesso non si percepisce quanto sia grave quello che accade". Bianca Benatti, invece, è toccata dalla mancanza di consapevolezza del protagonista: "Mi rattrista che il bambino non guardi a sé. Tanti bambini avrebbero bisogno di uno psicologo. Non è poi così lontana dalla realtà".
Per Alice Cabras, Adolescence è una serie che racconta in modo autentico le sfide della gioventù: "Invita a riflettere sull’importanza di ascoltare i giovani, offre uno sguardo profondo su una fase spesso sottovalutata". La serie ha scosso anche il pubblico adulto, di chi ha adolescenti in casa tutti i giorni, di chi li ha visti crescere. Insomma, i genitori. "Dovrebbero vederla tutti, adulti e adolescenti", afferma Roberta Raffaelli, madre di un diciassettenne. "Serve per capire dinamiche interiori che magari al di fuori si trascurano. Mi sembra una storia realistica. Mi è capitato di vedere dei genitori che, anche se messi davanti all’evidenza di un comportamento sbagliato, non vogliono vedere". Per Stefano Sedràn, Adolescence scatta un’istantanea dei ragazzi di oggi: "L’insicurezza creata dai social nei più giovani rende la serie realistica. Oggi tanti ragazzi si sentono inadeguati e il rifiuto diventa difficile da accettare".
Per Maurizio Ciolli, invece, "è una storia cruda che rappresenta l’era attuale con gli adolescenti che arrivano a uccidere per un rifiuto, perché non riescono ad accettare i no". Un pensiero che condivide anche Matteo Bruscoli: "Prima c’erano molti più confini all’interno di una famiglia, ora mancano. I giovani hanno pochi riferimenti e anche un no può diventare una tragedia". Barbara Corti, pur riconoscendo che è una serie che può rispecchiare la realtà, aggiunge una critica: "Non mi è piaciuta particolarmente, è un po’ lenta e qualche scena mi è sembrata forzata. Sicuramente realistica, ma le dinamiche all’interno della scuola mi sono sembrate esasperate". Cecilia Strati non ha trovato nella serie la giusta emozione: "Non mi ha entusiasmato. Purtroppo, la storia potrebbe essere realistica, ma fortunatamente non rivedo nessuno che conosco". Per Serena Pasquali "è molto bella e molto tosta. Forse la nostra generazione era più addestrata a distinguere il bene e il male".