"Ho immaginato un re non soltanto a un passo dalla morte, ma piuttosto spinto dalle circostanze e dalla trama a cercare nella maturità, e non nell’età, il tassello conclusivo della propria vita".
I classici continuano a parlarci attraverso i secoli con significati miracolosamente sempre nuovi e attuali. Ed è così che Alessandro Preziosi (nella foto) ha preso la tragedia shakespeariana ‘Re Lear’, e l’ha rivestita di inediti contenuti, puntando l’attenzione non solo sul difficile rapporto tra padri e figli, ma anche tra Uomo e Natura, sulla perdita e sul ritrovamento dei valori.
Dal 3 all’8 dicembre, al Teatro della Pergola arriva ’Aspettando Re Lear’, con Preziosi che dirige e interpreta l’adattamento di Tommaso Mattei da William Shakespeare, con echi di ’Aspettando Godot’ di Samuel Beckett.
Preziosi, cosa aspettarsi dal suo Re Lear?
"È una versione che si concentra sulle vicende dei personaggi positivi della trama, approfondendo con attualità il rapporto tra padri e figli scandagliato da Shakespeare".
Nella sua regia si avvale del maestro Michelangelo Pistoletto. In che modo?
"C’è un’innovativa presenza nello spazio scenico delle opere di Pistoletto, con materiali artistici che si animano della presenza di noi attori, definendo la scacchiera onirica e concettuale della messa in scena. Accanto a me ci sono Nando Paone nel ruolo di Gloucester, Arianna Primavera in Cordelia, Roberto Manzi nei panni di Kent e Valerio Ameli nel ruolo di Edgar".
Come si integra tutto ciò, tra visioni e parole?
"Nello spettacolo si parla di follia, di potere che distrugge, di solitudine, di caos dentro e fuori, ’l’unico ordine possibile’ per Pistoletto. E in scena ci sono le opere e i costumi del maestro, realizzati dal collettivo Fashion Best, con materiali sostenibili. Le stesse musiche composte da Giacomo Vezzani sono ispirate a opere dell’artista. Ho condiviso la messa in scena dei presupposti del Terzo Paradiso, la terza fase dell’umanità, che si realizza nella connessione equilibrata tra l’artificio e la Natura".
Ci può spiegare questo concetto?
"L’uomo deve cercare di non essere debitore alla Natura di ciò che indossa: il senso dell’abito, del superfluo, dello stretto necessario sono tematiche di Pistoletto che porto in scena. L’uomo nella sua nudità trova sé stesso, e così anche noi attori durante lo spettacolo veniamo privati dei vestiti, per farci vedere per quello che siamo".
E il riferimento a Godot?
"Re Lear è la metafora della condizione umana: caduta e creazione. Ama solo sé stesso, la mancanza d’amore l’ha portato alla follia e alla solitudine; vaga in una landa di nulla con cui il sovrano, senza più corona, dovrà fare i conti. È come se Re Lear prevedesse l’inevitabile nulla che ci attende come risultato del fatiscente ordine permanente, proprio come Aspettando Godot ci rivela quel che accade ’dopo che il vecchio cade’".