
di Stefano Brogioni
FIRENZE
Per amore, Alessandro Rosi aveva lasciato il suo Mugello - era nato a Barberino - e si era trasferito a Donnini, in Valdarno.
Per lavoro, il 9 agosto del 2019, era in trasferta a Cremona: guidava le gru per una ditta specializzata di Firenze e lo faceva da tanti anni. Suo figlio Giulio e sua moglie Paola lo aspettavano, come sempre. Ma lui, quella volta, non è tornato.
Lo ha schiacciato una trave alta sei metri e lunga trenta, nel cantiere delle "Arvedi" di Cremona.
Oggi, per la morte di Alessandro Rosi, c’è un processo, in Lombardia, con nove imputati. Ma c’è anche un’associazione nata in ricordo di ’Ale’ per volere di Paola, che ha l’obiettivo di lottare affinché si tenga alta l’attenzione sulle morti bianche e si aiutino, sotto tutti i punti di vista, i familiari di chi ha la sfortuna di vivere queste tragedie. Si chiama "Agganciamoci alla vita-Alessandro Rosi" e ieri, dalla sua pagina Facebook, nel corso dell’udienza che si è celebrata davanti al giudice, ha diffuso le immagini del flashmob che l’associazione ha organizzato sabato a Donnini.
C’erano foto, scritte. E tanti bambini. Come Giulio, che oggi ha 12 anni. "Parliamo del babbo tantissimo, ne parliamo tutti giorni", racconta Paola. "Dopo 18 mesi, si piange meno ma la solitudine è sempre di più. L’associazione è nata perché Alessandro deve rimanere sempre con noi e per ’rompere le scatole’ a chi non rispetta la sicurezza. Fare qualcosa per lui ci fa stare un po’ meglio".
C’è anche una battaglia giudiziaria da portare avanti.
Davanti al gup di Cremona c’è una catena di presunti responsabili per l’incidente sul lavoro del 2019. Rischiano il processo, oltre ai nove imputati, anche due società che stavano facendo lavori in appalto dentro il perimetro delle acciaierie. Omicidio colposo, l’accusa per tutti, aggravata dal mancato rispetto delle leggi in materia di prevenzione degli infortuni. Nell’incidente in cui morì Rosi, anche un altro operaio riportò lesioni serie. L’udienza riprenderà a maggio, il 17.
Il giudice ha infatti preso del tempo per valutare un’istanza dei difensori degli imputati mirata al risarcimento del danno alla famiglia della vittima e del ferito. Rientra in una strategia difensiva mirata a contenere la pena, forse anche ad arrivare a un patteggiamento. Ma questo atteggiamento si scontra con la volontà di Paola di essere comunque riconosciuti processualmente, per arrivare a una condanna di chi non ha fatto il suo dovere e per evitare che il lavoro diventi una trappola. Mortale.