L’antidoto a Roccaraso si chiama turismo delle radici. Ed ha perfettamente senso, anche in quella Firenze che oggi battaglia con sé stessa tra tradizione e contaminazione da turismo mordi e fuggi: il ‘rootista’ viene da lontano, pur avendo da sempre l’Italia nel cuore. Il profilo? Tra i 40 e i 60 anni, vive negli States, o in Sud America, Australia. Persino in Europa. Guai a chiedergli di rinunciare al filo rosso che lo lega al Belpaese. Perché discendente di emigrati italiani, quindi giocoforza ha bisogno non di una vacanza all’ombra del Cupolone, ma di vivere un percorso carico di emozioni per (ri)scoprire i borghi, le case, le strade battute, i ristoranti dei suoi antenati.
Del turista delle radici se n’è occupato l’istituto Swg per Confcommercio e l’indagine è stata al centro del convegno ieri in Palazzo Strozzi Sacrati, organizzato dall’associazione di categoria con Italea Toscana, la declinazione regionale di Italea, il programma lanciato dal Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale nel progetto Pnrr e finanziato da NextGenerationEU.
Per il responsabile del progetto per la Direzione Generale Italiani all’Estero (MAECI), Giovanni Maria De Vita, il turismo delle radici è "una risposta all’overtourism" perché "chi viene è interessato a viaggiare non con gli occhi, ma col cuore". Questo viaggiatore resta in media 12-15 giorni con un budget fra i 3mila e i 5mila euro comprensivo di volo, soggiorno, pasti, trasporti e attività. Viaggia in coppia o in famiglia e privilegia piccoli hotel, B&B o case vacanza nei borghi di origine.
Ricerca "esperienze autentiche", dalla visita ai luoghi dove tutto è iniziato all’enogastronomia tipica, e spesso si affida a percorsi organizzati per ricostruire il passato della propria famiglia. La stessa indagine profila poi delle ‘personas’: "il nostalgico" emigrato da giovane che torna per un tuffo emozionale, "l’ambasciatore" della cultura italiana all’estero, "il discendente" che vuole riscoprire la propria identità e "il curioso", che non ha per forza radici italiane, seppur "attratto dall’italianità". Il report stima un dato che incide molto sull’indotto del sistema-turismo e del made in Italy: "La spesa per il turismo delle radici in Italia può superare gli 8 miliardi di euro annui".
"Anche la Toscana può puntare su questa tipologia di turista: equivale a valorizzare borghi, tradizioni e territori meno battuti, creando un ponte tra il passato e il futuro, tra chi è partito e chi ora ritorna", dice il presidente di Confturismo Toscana Confcommercio Daniele Barbetti.
La Regione gioca di sponda col governatore Giani: "I figli, nipoti e bisnipoti di quei migranti, con la Toscana nel cuore, potrebbero oggi tornare a visitare la Toscana diffusa dei loro avi. Un viaggio del cuore a ritroso, dallo Scozia e dalla Francia ad esempio dove figurinai, camerieri, braccianti ed operai sono emigrati dalla Lunigiana, dalla California, Argentina e Brasile dove tanti sono i lucchesi, dall’Australia che fu scelta dagli elbani. Li aspettiamo".
Francesco Ingardia