REDAZIONE FIRENZE

Allieva marescialla si uccise alla Scuola. I dubbi dello zio parà: "Indagare ancora"

La testimonianza: "Il foro d’entrata nella tempia sinistra, ma non era mancina"

La testimonianza: "Il foro d’entrata nella tempia sinistra, ma non era mancina"

La testimonianza: "Il foro d’entrata nella tempia sinistra, ma non era mancina"

Tutto quello che non doveva succedere è successo. La morte improvvisa di Beatrice, 25 anni, (nella foto), il 22 aprile 2023, che poco dopo avrebbe coronato il suo sogno di diventare maresciallo dell’Arma dei Carabinieri. Quel colpo di pistola a sinistra in testa che la uccide nella scuola di Firenze dove si stava formando. "Se il colpo è entrato a sinistra e lei è destrorsa qualcuno deve spiegarci cosa è successo", si domandano i familiari ora che l’archiviazione è stata respinta. Si attende che il giudice si esprima e autorizzi l’autopsia. Ma non è l’unica cosa strana di quei giorni tragici.

Li ha ripercorsi al congresso Piemonte del Sum, Davide Belcuore, zio di Beatrice (la giovane che si suicidò alla scuola allievi marescialli dell’Arma dei Carabinieri di Firenze) e militare dell’Esercito che per il sindacato Sum riveste la carica di vicesegretario regionale Lazio. "Quando accadde la disgrazia di Beatrice io mi trovavo a Livorno in servizio e mi sono precipitato a Firenze in uniforme. Una volta ricevuto all’interno della scuola ho percepito un ambiente carente rispetto alla gestione umana dell’evento. Ho poi scoperto - racconta - che c’erano stati 12 comunicati del sindacato Unarma su quella scuola e uno di questi denunciava abusi e vessazioni".

A Firenze, nella scuola, Beatrice si è uccisa con la pistola d’ordinanza dicono allo zio e intanto però "mi chiedevano del mio basco amaranto da paracadutista, delle missioni, argomenti che trovavo fuori luogo", rammenta. E ancora "il comandante mostrò un biglietto con il numero di duemila allievi: come a dire ci può stare che me ne perdo qualcuno. Sette anni prima - scopre Belcuore - si era tolto la vita sempre in quella scuola un altro ragazzo".

Poi il rito funebre. "Il comandante della scuola parlava di Arma, sacrificio, con la bara di mia nipote lì, tanto che un amico di famiglia disse in piedi ‘noi qui stiamo celebrando non l’Arma ma una figlia’". Ricorda ancora Davide: "Nella storia di mia nipote ho visto con i miei occhi la lotta tra chi cerca di portare alla luce il problema serio e chi cerca di tenere tutto verso il basso. Se dentro un istituto scolastico dei Carabinieri tutti hanno visto e nessuno sa, c’è da lavorare ancora tanto".

E poi un messaggio per il futuro, per quei programmi di sostegno psicologico che il Sum sta portando avanti. "Siamo una famiglia di militari. Mio fratello (il papà di Beatrice) è un carabiniere, io sono nell’Esercito, mio nipote è in Marina. Sto cercando di trasformare il dolore e di farne azione".