Firenze, 5 giugno 2024 – Per Amanda Knox è stata confermata la condanna a tre anni (comunque già scontati) per avere calunniato Patrick Lumumba nelle prime fasi delle indagini sull'omicidio di Meredith Kercher coinvolgendolo nel delitto per il quale è stato poi prosciolto essendo risultato completamente estraneo. Lo ha deciso la Corte d'assise d'appello di Firenze.
Knox ha assistito alla lettura della sentenza con accanto il marito e i suoi difensori. Molto delusa sperando di mettere un punto definitivo a questa lunga vicenda giudiziaria, Amanda è scoppiata in lacrime dicendo ai suoi difensori, gli avvocati Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati: “Non me lo aspettavo, sono molto delusa”. Knox e il marito hanno quindi lasciato il palazzo di giustizia da un’uscita secondaria. “Pensava di poter mettere un punto definitivo alla sua innocenza” hanno ancora i legali. "Leggeremo le motivazioni e faremo ricorso in Cassazione”, hanno detto i legali di Knox.
Mentre l’avvocato di Patrick Lumumba Carlo Pacelli ha espresso soddisfazione: “Decisione in linea ai precedenti giudicati. Confermata la nostra aspettativa. Patrick è soddisfatto”, ha dichiarato. La condanna per calunnia era diventata definitiva ma poi la Cassazione ha disposto un nuovo esame delle accuse dopo che la Corte europea ha riconosciuto la violazione del diritto di difesa.
Le parole di Amanda prima della sentenza
Amanda Knox stamani è arrivata in taxi accompagnata dal marito Chris Robinson. In aula, prima della sentenza, Knox ha rilasciato dichiarazioni spontanee: "Non avrei mai testimoniato contro Patrick (Lumumba ndr), come invece la polizia voleva. Non sapevo chi era l'assassino. Patrick non era solo il mio capo al lavoro ma anche mio amico. Non avevo interesse ad accusare un amico innocente. Patrick mi ha insegnato a parlare l'italiano, si è preso cura di me. Prima dell'arresto, mi consolò per la perdita della mia amica. Mi dispiace di non essere stata così forte di resistere alle pressioni polizia e che lui ne abbia sofferto".
"Ero una ragazza di 20 anni spaventata, ingannata, maltrattata dalla polizia. Il 5 novembre 2007 è stata la notte peggiore della mia vita. Pochi giorni prima la mia amica Meredith era stata uccisa nella casa che condividevamo. Ero scioccata, era un momento di crisi esistenziale. La polizia - aggiunge Knox - mi ha interrogata per ore in una lingua che non conoscevo. Si rifiutavano di credermi, mi davano della bugiarda, ma io ero solo terrorizzata. Non capivo perché mi trattavano in questo modo, minacciandomi di farmi avere una condanna a 30 anni se non ricordavo ogni dettaglio. Un poliziotto mi ha dato uno scappellotto in testa dicendomi: 'ricorda'". Durante il suo intervento, Amanda Knox aveva un foglio in mano con degli appunti.