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Americane stuprate, la versione dei carabinieri: 'Hanno iniziato loro, noi ci siamo stati'

La difesa di Camuffo e Costa. Ma poi il militare più giovane scarica il collega: "Lui le ha calato i pantaloni, lei non voleva"

Tribunale

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Firenze, 16 marzo 2018 - «Ci siamo consultati, il collega mi ha detto: ‘Va beh anche se insomma non si può fare, queste ragazze non sanno come tornare a casa, gli si può dare un passaggio noi?’ Un po’ titubanti, perché lo so che la procedura non si può fare, gli abbiamo detto di accomodarsi in macchina che le avremmo accompagnate a casa. Ed erano contente, ci hanno ringraziato». Così, l’appuntato scelto Marco Camuffo, 44 anni, racconta ai pm Ornella Galeotti e Rodrigo Merlo, la sua verità di quel 7 settembre, la notte in cui le due studentesse americane denunceranno lui e il collega Pietro Costa per violenza sessuale. Ecco alcuni stralci dei verbali, sinora inediti.

Procuratore Merlo: Come mai non le avete lasciate sul portone e ve ne siete andati, e le avete accompagnate dentro?

Camuffo: «Per un discorso di sicurezza, cioè oramai l’avevamo portate, le facciamo entrare nel portone che non ci sia nessuno sennò... proprio per evitare, ho detto magari l’aggrediscono nel portone».

Procuratore Galeotti: Quindi perché ci doveva essere qualcuno dentro al portone?

Camuffo: «Noi si è sempre fatto così, cioè anche per una cosa di galanteria, accompagnare».

Al carabiniere viene chiesto di descrivere come è avvenuto l’approccio sessuale.

Camuffo: «Io e questa ragazza siamo rimasti sul pianerottolo davanti la porta di casa sua. Abbiamo continuato a baciarci, lei diciamo ha messo una mano...».

Procuratore Galeotti: Parli liberamente, siamo abituati.

Camuffo: «... io ho tirato giù la lampo per... ho tirato giù la lampo, lei si è abbassata i pantaloni, si è girata, si è chinata e si è appoggiata tra il muro e la porta, questa era la porta e qui c’era un muro».

Procuratore Galeotti: Diciamo è lei che ha scelto la posizione.

Camuffo: Sì.

Secondo Camuffo, il rapporto era consenziente. «Io diciamo ho iniziato l’atto sessuale, però ho detto vediamo, cioè voglio vedere se questa ci stava, allora stavo fermo io, stavo fermo, ho detto voglio vedere lei che fa, e lei muoveva».

Procuratore Galeotti: In che senso voglio vedere lei che fa mi scusi?

Camuffo: «Volevo vedere se a lei piacesse questo fatto o era contraria».

Procuratore Galeotti: Quale fatto?

Camuffo: «Che stavamo facendo l’amore, cioè non mi accontentavo di sapere se era girata e tutto, allora io stavo fermo ed era lei che si muoveva». Il carabiniere descrive anche il rapporto orale. Al termine, descrive una situazione normale. «Poi sono saliti gli altri due con l’ascensore, l’amplesso nostro è finito, ci siamo rivestiti, ci siamo salutati, lei mi aveva chiesto anche il numero mio di telefono, “ci sentiamo su WhatsApp”».

Procuratore Merlo: Avete commentato con il suo collega Costa l’accaduto?

Camuffo: «Commentato... commenti da maschietti».

Alcuni giorni dopo, si presenta al pubblico ministero anche l’altro carabiniere, Pietro Costa. Descrive il loro ingresso nel palazzo di borgo Santi Apostoli. Costa descrive il suo approccio con C. e pure l’atteggiamento del collega Camuffo con T.

Costa: «La scena che io ho visto è questa che lui si abbassa e gli tira giù i pantaloni alla ragazza, all’altra ragazza; lei inizialmente diceva “No, cosa fai”, e lui: “No, aspetta, dai, guarda, tiro giù”, e poi lei se li è fatti tirare giù. Quando lui si avvicina... si era messo giù per dargli un bacio nel sedere, lei dice “No” e lui si rialza e si ricompone. Questa è l’unica scena che io ho visto.

Procuratore Galeotti: Si ricompone lui o ricompone lei?

Costa: La ragazza, la ragazza.

Prima, il giovane carabiniere aveva descritto la parte in cui erano entrati nel palazzo.

«C’è un androne così e poi sulla destra praticamente c’è una rampa di scale e un’altra... tipo un piccolo corridoio sotto così, quindi si gira e si fa così. Io con questa ragazza siamo andati... sempre io dietro lei perché lei mi tirava, diceva “Andiamo, andiamo”, lei saliva di qua, praticamente io andavo dietro, e il collega è andato sotto quell’altra. Io ho detto mah, staranno andando in una casa, non lo so, tra me e me. E là mi sono un attimino allertato, ho detto mah, se ci chiama la centrale, se succede qualcosa... Ho detto: “Marco, ma io non ho manco il cellulare”.

Costa racconta anche del dopo.

Costa: E lui mi fa: “Ma non è che ora mi chiama?”. Ho detto: “E come ti chiama?”. “Eh, no, gli ho dato il mio numero”. Basta. Scendiamo sotto, usciamo dal portone, risaliamo in macchina, ho fatto retromarcia, facciamo la strada del ritorno, siamo passati dal centro, lì sicuramente ci hanno visto tutte le telecamere».