EMANUELE BALDI
Cronaca

Amici miei, 45 anni fa la prima ’zingarata’

Compleanno speciale per il capolavoro di Monicelli che racconta una Firenze genuina e popolare, molto diversa d quella di oggi.

Amici miei

Firenze, 17 agosto 2020 - "E io restai a chiedermi se l’imbecille ero io, che la vita la pigliavo tutta come un gioco, o se invece era lui che la pigliava come una condanna ai lavori forzati. o se lo eravamo tutti e due" sospirò il sor Perozzi, capocronista de La Nazione con lo sguardo sbilenco e birbone di un Philippe Noiret in stato di grazia, non capendo "da chi gl’avrà preso il figliolo Lucianino "che non ride mai".

Compiono 45 anni gli ’amici nostri’ – prima volta in sala a Ferragosto del 1975 – amici di una Firenze che ancora recita come un’Ave Maria laica le frasi cult dei cinque ’zingari’, tatuaggi della memoria collettiva. E in quella frase del Perozzi c’è tutto quello che c’era e non c’è più.

Una città graffiante, nobile e macellaia, fatta di scorza tosta di popolo, di sale da biliardo impastate di fumo e vita, di battute fulminanti, di notti silenziose fatte apposta per i tiratardi. Fatta di un senso leggero dell’esistenza, che può essere tragedia o burla, o tutto insieme tanto la "vita è una fregatura".

Non ha mai dimenticato il capolavoro di Monicelli Firenze, i lampi di genio del Conte Mascetti, l’ironia perfida del professor Sassaroli, le stravaganze dell’architetto Melandri, le frasi sboccatissime del ’barista’ Necchi, come si presentava lui dando la mano.

Non l’ha dimenticata quella città Firenze, ma non è neanche più riuscita a essere quella che era in quegli anni. Immediata, genuina, bischera. Oggi è nevrotica e immiserita, cattiva a volte, più banale, più simile a tutte ed è un peccato che speriamo prima o poi riuscirà a farsi perdonare. Intanto, per consolarci, riguardiamoci quella sintesi di comicità e dramma, quell’inno all’amicizia vera, forgiata nelle ’zingarate’, nelle serate a ciondolare da un bar all’altro, negli amori impossibili.

Non fu un film comico, "Amici miei", giammai. Piuttosto una commedia della vita con un senso di morte che aleggiava sempre – ricordate quei cieli gialli e gelatinosi, senza traccia di sole, quelle strade cupe e fradicie? – e una morale forte: che la morte la si esorcizza solo prendendola in giro. Buon compleanno eterni Peter Pan! E se potete ricordateci che si può ancora sorridere pure senza l’emoticon di un cellulare. E che la vita non è un dramma. Via, prendiamola come il Sassaroli che quando la moglie lo lasciò ammise: "Anch’io ho sofferto, ho sofferto come un cane. Per quasi tre quarti d’ora". Giganteschi.