Firenze, 1 novembre 2024 – Proprio in queste ore abbiamo raccontato la storia di una coppia spagnola che ha aiutato in modo decisivo un volontario del Nucleo operativo di protezione civile in missione per consegnare le cellule necessarie per un trapianto di midollo osseo nella Valencia devastata dall’alluvione. Un gesto di umanità che ha contribuito a salvare una vita.
Oggi invece raccontiamo un’altra storia, che riguarda sempre un volontario del Nopc ma avvenuto molto più lontano. Anche in questo caso la missione aveva al centro il trasporto del “dono della vita”: il Nopc di Firenze, infatti, si occupa di logistica dei trapianti, vale a dire il trasporto delle cellule necessarie ai malati di leucemia in giro per il mondo, con il ritiro nella struttura sanitaria dove viene effettuato il prelievo e la consegna dove sarà effettuato il trapianto. Migliaia di missioni compiute in trent’anni con la cabina di regia dell’associazione a Firenze, casa del fondatore Massimo Pieraccini, dove lui e sua sorella Patrizia gestiscono un delicato incastro di orari, date e località: a volte il ritiro avviene in un continente e la consegna in un altro...
Gli intoppi sono però sempre dietro l’angolo: ritardi, problemi meteo (come a Valencia), scioperi o disservizi delle compagnie aeree, come in questo caso raccontato da un volontario del Nopc.
“Sono le 5.30 del mattino, aeroporto di São Paulo del Brasile, primo volo della mattina della Latam per Buenos Aires: su questo volo viaggia con me il prezioso dono della vita, partito il giorno prima da una località interna del Brasile e destinato all’ospedale di Buenos Aires. Lì un paziente affetto da leucemia ha ricevuto da qualche settimana la notizia che finalmente il registro mondiale ha trovato un donatore compatibile: il paziente conta le ore, immagina il momento del prelievo delle cellule, chiede e si informa sui tempi del viaggio, alla sera si addormenta con la certezza che l’indomani la sua speranza di vita si trasformerà in qualcosa di concreto grazie al trapianto già programmato tra poche ore. Lui non sa che qualcosa però sta andando storto, proprio mentre all’alba i medici lo svegliano trovandolo con uno splendido sorriso”, spiega.
“Il lettore ottico sotto il quale passa la mia carta d’imbarco – continua il racconto – segnala errore: rosso. Penso a un malfunzionamento. Purtroppo non è così. Il personale di terra della Latam, la sera prima, nel cambiarmi un volo interno per São Paulo, mi ha involontariamente cancellato il biglietto per l’indomani. Il mio posto sull’aereo, semplicemente, non c’è. E il volo è pieno, non ci sono posti liberi. Quando vedo sbiancare l’addetta al desk del gate, capisco che non sarà facile salire sull’aereo. Avverto immediatamente la Centrale Operativa e spiego esattamente ai funzionari della Latam, documenti alla mano, cosa sto trasportando e la delicatezza della situazione. La Centrale, intanto, si mette in moto e contatta la nostra Ambasciata e il Ministero. L’addetta al desk passa minuti difficili”.
Ed è qui che si svela ancora una volta la grande umanità che esiste ancora al mondo: “Sono fortunato: trovo una persona che coglie al volo la criticità della situazione e si mobilita in tutti i modi per trasferirne la gravità ai suoi superiori. Purtroppo non ci sono posti nemmeno sul volo successivo e, prendendo il primo aereo utile, costringerei comunque i medici a rinviare di 24 ore il trapianto. Bisogna fare l’impossibile. Parlare spagnolo in questo caso è molto importante: non solo ci si capisce meglio, ma si crea un’empatia, un’atmosfera più costruttiva. Ho la sensazione che la situazione si possa risolvere e me lo conferma il fatto che il volo è ancora fermo: doveva partire alle 6.30, ma alle 7.30 è ancora bloccato lì a poche decine di metri da noi. Massimo e Patrizia si attaccano al telefono: loro lavorano con i nostri rappresentanti istituzionali in Brasile e Argentina, sbloccano la situazione. Io non mi muovo dal desk, ascolto tutte le telefonate. Intuisco ad un certo punto che ci siamo”.
E’ il comandante dell’aereo a fare un annuncio in volo per chiedere a un passeggero di scendere e lasciare il posto al volontario del Nopc: “Spiegherà il motivo, sarà convincente. Lo è. Dopo 10 minuti – riprende il racconto – sono su un’auto diretto alla scaletta, sui gradini incontro e abbraccio una signora che ha accettato di scendere. Non piango mai, ma stavolta sono davvero commosso. L’aereo arriverà puntuale, recuperando il ritardo. Non so chi abbia deciso: so che con ogni probabilità il paziente a quella persona, sia un Ministro o una semplice addetta al desk, deve tanto, forse tutto. Quanto volte ho sognato di incontrarli tutti i protagonisti di questa vicenda. Anche il paziente che, svegliatosi mentre il lettore lampeggiava drammaticamente rosso, si addormenterà domani con il verde acceso sulla vita”.