Firenze, 14 marzo 2019 - La pet therapy attira sempre più l’attenzione della comunità scientifica e terapeutica: i benefici riconosciuti nel rapporto tra uomo e animale, i vantaggi apportati nella malattia, nella disabilità, nella riabilitazione, ma anche nella quotidianità del legame con un cucciolo domestico sono ormai chiari. Se all’estero gli interventi assistiti con gli animali sono diffusi da anni, in Italia la storia della pet therapy sta compiendo i suoi passi principali in Toscana, soprattutto grazie al lavoro dell’associazione Antropozoa, unico organismo italiano accreditato dall’istituto internazionale Isaat (International Society for Animal assisted Therapy), «per un modello formativo - spiega Francesca Mugnai, presidente di Antropozoa - che si sforza di rendere più interdisciplinare, di qualità e in maniera sempre più professionale il mondo della formazione in questo campo.
Durante un incontro a Firenze organizzato recentemente dall’associazione Consonanze e dalla sua presidente Nicoletta Arbusti, Francesca Mugnai ha parlato dell’importanza della ricerca nella pet therapy. «La scienza ha già dimostrato l’effetto benefico del rapporto tra gli animali domestici e l’uomo – spiega l’esperta -, per esempio con la stimolazione dell’ossitocina, ossia l’ormone “dell’attaccamento”. Hanno mostrato anche come l’avere un cucciolo stimoli l’attività fisica e di conseguenza abbia effetti benefici sui disturbi cardiovascolari a tutte le età. Per gli anziani è un modo per preservare la memoria e stimolare la cura, anche se sarebbe necessario approfondire questo tema».
"Proprio con l’obiettivo di divulgare, approfondire, sostenere la divulgazione e l’approfondimento delle tematiche relative agli interventi assistiti con gli animali - dice Mugnai - è nato il Centro Studi Antropozoa, tutto dedicato alla ricerca e a un corretto utilizzo di questa importante ma delicata disciplina. Gli studi si stanno concentrando anche nel rapporto uomo-animale non solo di fronte alla malattia, al disagio, alla difficoltà, ma anche nella quotidianità. Da qualche tempo è possibile l’accesso dei cani in ospedale per trovare il proprio padrone ricoverato, con uno specifico protocollo igienico, sanitario e comportamentale definito in maniera puntuale per la sicurezza di tutti".
E sempre più spesso si parla anche dell’apporto di un animale in ufficio. «Su questo punto abbiamo delle perplessità – commenta Francesca Mugnai -. A parte casi eccezionali tipo malattia o vecchiaia, gli animali non sono a proprio agio per troppe ore in ambienti poco adatti. Siamo sempre più pet friendly, ma ci accorgiamo poco delle necessità reali dei quattro zampe: tendiamo a proiettare le nostre necessità su di loro. Bisogna rispettare il loro “essere animali”, oltre a rispettare le sensibilità di tutti i colleghi che condividono con noi l’ufficio. L’inserimento di cani o gatti nei luoghi di lavoro per abbassare lo stress, non può sostituire le altre strategie psicologiche da sviluppare nella propria professione. L’animale dovrebbe essere parte del benessere, non lo stimolatore».