di Stefano BrogioniFIRENZELa procura di Firenze decapitata da una sentenza del Consiglio di Stato: la nomina di Filippo Spiezia al vertice dell’ufficio torna in discussione. E’ stato infatti accolto il ricorso del magistrato Alberto Liguori, attualmente procuratore capo di Civitavecchia, battuto da Spiezia nella corsa per la successione a Giuseppe Creazzo.
Con la sentenza numero 10.406 del 2024, emessa dalla settima sezione, sono stati riconosciuti a Liguori, assistito dall’avvocato Gianluigi Pellegrino, maggiori titoli nel curriculum per poter ambire alla guida dell’ufficio. In particolare ai sensi della normativa del Csm sul conferimento degli incarichi direttivi per Procure di grandi dimensioni come quella di Firenze, Liguori ha precedenti ruoli apicali (come quelli di procuratore di Terni e dirigente del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro), mentre Spezia non ne ha nessuno essendo stato solo incaricato presso Eurojust. Come ha statuito il Consiglio di Stato, il Csm non poteva equiparare il ruolo ricoperto in Eurojust a un incarico direttivo, come invece fece l’organo di autogoverno della magistratura.
Il Consiglio di Stato ha riconosciuto la "palese violazione" dei parametri stabiliti dallo stesso Csm nella parte in cui la delibera impugnata, risalente al luglio 2023, ha affermato "la equipollenza tra gli incarichi direttivi e le attività svolte presso Eurojust, ai fini del riscontro degli indicatori specifici". In particolare, i giudici amministrativi concordano con l’appellante Liguori che ha sostenuto che il Csm "avrebbe illegittimamente attribuito rilievo, ai fini della nomina, all’attività svolta" da Spiezia in un organismo europeo, Eurojust, che "avrebbe potuto essere preso in considerazione solo tra ‘le altre esperienze maturate al di fuori dell’attività giudiziaria’". Il Consiglio di Stato ha quindi dichiarato "illegittimo l’operato del Csm nella misura in cui l’incarico fuori ruolo presso Eurojust svolto da Spezia viene qualificato equivalente, ovvero equipollente, quale ‘funzioni di fatto assimilabili alle funzioni direttive’, così definitivamente smentendo la tesi che l’incarico sarebbe stato considerato dalla delibera consiliare esclusivamente nella sua sede propria, e cioè tra gli altri incarichi fuori ruolo previsti dall’art. 13 del T.U. della dirigenza giudiziaria".
La sentenza, che ribalta il giudizio di primo grado del Tar del Lazio (che aveva dato ragione a Spiezia e al Csm) sarà inviata al Csm, che affiderà la pratica alla Quinta Commissione per rivalutare i titoli dei due candidati. Ma non si può escludere un ulteriore ricorso in Cassazione da parte dello stesso Csm. Intanto, però, una delle procure più importanti d’Italia, che dovrà decidere sul ricorso contro i proscioglimenti del caso Open e del destino delle inchieste sulle stragi mafiose del ’93 (con Marcello Dell’Utri tra gli indagati), va avanti con una guida indebolita da questa sentenza.