FIRENZE
Cronaca

Apre la scuola del fallimento: "Così impariamo dagli sbagli". Le ’lezioni’ di nostri presidi

L’idea lanciata dal dirigente scolastico del Marco Polo vede in realtà già al lavoro molti colleghi "Docenti, alunni e psicologi spesso a confronto per capire come trasformare l’errore in saggezza".

Apre la scuola del fallimento: "Così impariamo dagli sbagli". Le ’lezioni’ di nostri presidi

L’idea lanciata dal dirigente scolastico del Marco Polo vede in realtà già al lavoro molti colleghi "Docenti, alunni e psicologi spesso a confronto per capire come trasformare l’errore in saggezza".

di Elettra Gullè

Sbagliando s’impara. Ma è innegabile che la società ci voglia sempre perfetti e performanti. Di qui l’idea del dirigente dell’Itt Marco Polo, Ludovico Arte, di dar vita a un ciclo di incontri per riflettere sul "valore educativo dell’errore". "In un mondo in cui c’è un’attenzione spasmodica alla prestazione e in cui tutti devono ‘vincere’ per forza, mi sembra importante che la scuola mandi un messaggio: si può sbagliare". In un primo tempo, via social, Arte aveva lanciato l’idea di ‘scuola del fallimento’, poi rimodulata in ‘Erranda’, perchè come lui scrive "rimanda al doppio significato del termine errare: sbagliare e vagare".

La scuola vuole aprire un confronto con chi, adulti e ragazzi, "è disposto a perdersi e a ritrovarsi". Fuor di metafora, un’occasione per raccontare i propri fallimenti, ma soprattutto per far emergere quelle storie di ragazzi magari poco brillanti a scuola e che invece, poi, sono sbocciati. Nelle scuole fiorentine, molti dirigenti condividono questa visione, lavorando per ricostruire la fiducia in ragazzi che attraversano momenti difficili. Osvaldo Di Cuffa, preside dell’Istituto Sassetti-Peruzzi, sottolinea come il dialogo e l’ascolto siano fondamentali per far sentire i ragazzi compresi e supportati. "Accogliamo tanti ragazzi che vengono da fallimenti e lavoriamo per far capire loro che un insuccesso non pregiudica la vita - dice Di Cuffa - Attraverso un approccio didattico improntato ad un forte dialogo facciamo sentire accolti i ragazzi, dei quali valutiamo più le competenze che le conoscenze in senso stretto". A volte, a far la differenza è il diverso approccio didattico. All’alberghiero Buontalenti, la preside Maria Francesca Cellai racconta di ragazzi che, dopo esperienze scolastiche fallimentari, ritrovano la fiducia in se stessi attraverso un percorso di supporto e confronto continuo. "La scuola italiana tende ad essere punitiva" riflette Cellai, mentre "è necessario spingere verso l’aspetto migliorativo. Il brutto voto, se spiegato, serve a crescere". Accoglienza e ascolto, ma nessuna scorciatoia. "Se tolgo ai ragazzi la possibilità di fallire non li faccio crescere - osserva Cellai -. Sbagliare fa parte della crescita". Anche nelle scuole più tradizionali, come il classico Galileo, si presta molta attenzione all’insuccesso. La preside Liliana Gilli spiega ai ragazzi del primo anno che i voti non definiscono il loro valore personale. "Il vero problema dei nostri giovani è l’autostima. "Quando degli alunni hanno difficoltà, lavoriamo con lo psicologo e ci confrontiamo con le famiglie per trovare, insieme, le migliori soluzioni. Ancora, aiuta molto l’aiuto ‘tra pari’, col ragazzo con voti più alti che lavora insieme al compagno con risultati meno eccellenti". All’Itis Da Vinci c’è anche un’ora settimanale di ascolto reciproco, guidata da docenti formati ad hoc, come fa sapere il preside, Marco Paterni.