Archea a Parigi: "I protagonisti sono i mecenati"

Le opere alla Galerie d’Architecture . Un tributo di Marco Casamonti ai committenti.

Archea a Parigi: "I protagonisti sono i mecenati"

L’architetto e archistar Marco Casamonti, fondatore dello Studio Archea

di Olga Mugnaini

"I veri sognatori non sono gli architetti, ma i committenti, coloro che desiderano le opere. Gli architetti sono solo gli interpreti dei sogni altrui". A sostenerlo è proprio uno dei più celebrati archistar contemporanei, anche se a lui il termine non piace.

Marco Casamonti, fiorentino, fondatore nel 1988 dello Studio Archea insieme a Laura Andreini e Giovanni Polazzi, porta a Parigi la sua visione sul rapporto fra chi progetta e chi vivrà gli spazi realizzati. È così che alla Galerie d’Architecture a Parigi è allestita la mostra evento "Tribute. L’architettura come forma di dialogo", curata da Luca Molinari Studio, in cui sono presentati nove significative opere architettoniche firmate da Archea/Marco Casamonti, raccontate attraverso una prospettiva originale, dove i committenti diventano i protagonisti del racconto con le loro testimonianze. Fra questi, Piero Antinori, Ferruccio Ferragamo, Rocco Commisso, oltre a personaggi internazionali per i quali Archea ha realizzato edifici innovativi e visionari.

Casamonti, da dove nasce questa sua intuizione?

"Da un’idea molto fiorentina: cosa sarebbe stato Michelangelo senza i Medici, Vasari senza Cosimo I? Con questa mostra dico ai francesi: guardate non è più il tempo delle archistar, che è un termine terribile, sono i committenti che amano l’architettura e che si impegnano per costruire luoghi belli per l’abitare".

Quindi si ribalta il ruolo?

"Se la committenza è di qualità, anche i progetti lo sono. Un bravo committente non vorrà mai un progetto scadente. Senza grande committenza non c’è buona architettura, sia pubblica che privata".

Cosa espone alla Galerie d’Architecture di Parigi?

"Abbiamo selezionato nove edifici e intervistato altrettanti personaggi straordinari, per guardare l’architettura da questo nuovo punto di vista. I protagonisti sono Ferruccio Ferragamo per l’Edificio per la Manovia della Salvatore Ferragamo Factory, Piero Antinori per la Cantina Antinori nel Chianti Classico, Rocco Commisso per il Viola Park, Idajet Ismailaj per l’Air Albania Stadium e Alban Xhaferi per Alban Tower a Tirana, Shalva Breus per il Breus Art Center in Georgia, il Kiss Bridge in Vietnam, Gu Jin per l’Ecepdi Energy Center a Shanghai (Cina), Diana Lin e Stiven Peng per l’Hope Square Building a Taipei".

Partiamo da Cantina Antinori.

"Il marchese Piero mi disse: ‘Vorrei una cantina invisibile ma monumentale’. Se ci pensa è un ossimoro, quasi impossibile. Eppure è quello che abbiamo fatto alla fine. Ma il merito va sempre dato alla committenza, perché nei desideri ci sono le chiavi del progetto, poi l’architetto interpreta e forma attraverso il disegno, che è la visione, ma l’idea primigenia è del committente. Nell’intervista Antinori ricorda che l’architettura reinventa il paesaggio ‘arricchendolo come del resto è accaduto nei secoli precedenti con l’inserimento delle ville, dei castelli, delle case coloniche, delle chiese. Credo che la mia cantina si inserisca in questo filone di tradizione e di cultura’. Ed ha perfettamente ragione".

Invece la factory Ferragamo? "L’edificio all’Osmannoro nasce perché lo spazio della manovia, per la preparazione dei prototipi, aveva necessità di ampliamento. Ferragamo riteneva importante far capire ai suoi clienti il processo che guida la produzione delle loro scarpe. Per questo abbiamo pensato a un’architettura, una passerella aerea distesa sopra la catena di montaggio, che fa della fabbrica anche un luogo da visitare".

Uno dei fiori all’occhiello di Archea è il Viola Park.

"Mi piace pensare che se la Fiorentina gioca bene, un po’ di merito è anche del posto dove si allena e passa gran parte della giornata. Un bell’ambiente aiuta sempre. Anche in questo caso il sognatore è stato il patron Rocco Commisso, che aveva un desiderio preciso: ‘Il Viola Park è destinato a restare qui per sempre e quando morirò questa struttura sarà ancora in vita. È qualcosa che va ad aggiungersi alla grande bellezza di Firenze’. Aver contribuito a realizzare questo sogno è davvero molto bello".