
di Emanuele Baldi
Arrivò qui in via Sant’Antonino che era poco più d’un germoglio d’uomo. Era il 1961, Aristide Bucchi non aveva nemmeno vent’anni e via Sant’Antonino, oggi anonimo corridoio che da San Lorenzo va alla stazione era un "teatro di vita", con voci grasse e guascone, ’c’ dimenticate, risate di pancia, fette d’anima.
Oggi che di anni ne ha 78 l’ex garzone, poi titolare, della mitica Norcineria nata prima della guerra ha la voce sottile che è un tomento di singhiozzi.
"Sono invecchiato di dieci anni con la pandemia. Non sto bene, mi sveglio ogni mattina alle 5. Dopo 63 anni come ristoratore ho tanta paura di fallire e di diventare un peso per i miei figli. Ho paura di trovarmi senza forze". La norcineria ha chiuso i battenti da qualche mese, resta aperto – "chissà per quanto?" – ’La Pentolaccia’, il ristorante inaugurato nel 2006 "quando capimmo che stavano davvero cambiando le cose e i fiorentini in macelleria non sarebbero tornati più".
Oggi che con l’emergenza sanitaria e la volatilizzazione dei turisti il fatturato di questa trattoria – che fa della bistecca e dei crostini di fegatini la sua bandiera – è crollato in un precipizio che registra un meno 85% Aristide si sente "in ginocchio".
"Questa strada è morta e pensare la bellezza che era un tempo – sospira – con il via vai dei pendolari, con i fiorentini veri, i pranzi tutti insieme. Via Sant’Antonino era più importante di Borgo San Lorenzo, pensi lei...". Aristide ci mette la faccia, perché è un uomo forgiato dal lavoro e dalla strada, uno dei pochi che finora ha trovato il coraggio di raccontare la sua storia e svelare la faccia più cupa e subdola di questa crisi economica.
Il centro storico di Firenze, al netto di qualche sussulto agostano, è incredibilmente vuoto nonostante il lockdown sia finito ben prima dell’inizio dell’estate. Il guaio è che si naviga a vista, non c’è prospettiva, non una scadenza temporale su cui confidare. "Mi piacerebbe solo che si cominciasse un po’ a sforzarsi per tornare a sorridere – dice Aristide – Ogni giorno si parla di morti e di contagi. Questo bollettino non ci aiuta a livello piscologico".
La storia di Aristide sta scuotendo il rione. Venerdì Roberto d’Ippolito, fondatore dell’associazione Politica, Ora! e candidato Pd a Firenze alle prossime elezioni regionali, è andato - insieme alla vicesindaca Cristina Giachi, candidata Pd alle elezioni regionali - è stato a pranzo nel suo ristorante per dimostrargli vicinanza e solidarietà.
"E’ nostro dovere sostenerli. Dopo aver dedicato la vita a questa attività, oggi si trova in questa situazione dolorosa. Quella di Aristide, così come quella di tanti altri ristoratori fiorentini, è un’attività peculiare ed unica per la nostra città, una presenza storica da tutelare e preservare".
"Prima eravamo tutti amici, ora lo straniero sono io" sospira ancora Aristide. E in quel sospiro ci sono i graffiti di una città che non esiste più.