REDAZIONE FIRENZE

Via Toscanini, 5 novembre 1987. Attentato ancora avvolto nel mistero

Fu usato il tritolo come nella strage del rapido 904. Indagini e depistaggi

Il palazzo in via Toscanini

Firenze, 7 novembre 2015 - Il 5 novembre 1987 alle ore 05,33 del mattino, uno scoppio tremendo, provocato da un ordigno di circa 38 chili di esplosivo, distrusse, rendendoli inabitabili, 15 appartamenti della scala n°7 facenti parte dei condomini di via Arturo Toscanini 3/5/7 e 7/9 in Firenze. Fortunatamente l’esplosione non provocò morti tra i residenti ma solo feriti che dopo essere stati curati negli ospedali di Firenze dovettero abbandonare le abitazioni distrutte per un periodo superiore ai due anni. Si scoprirà in breve che si era trattato di un attentato, il primo compiuto in Italia ai danni di una abitazione civile. E che gli attentatori avevano usato una miscela di Pentrite, T4 e Tnt, analoga a quella utilizzata per la strage di Natale sul rapido 904 del 23 dicembre 1984 e per l’attentato all’ufficio postale di via Carlo d’Angiò il 13 agosto 1985. I sospetti che la bomba fosse in qualche modo legata allo stesso ambiente delle stragi erano nati sia per le modalità dell’esplosione sia per il fatto che essa era avvenuta a soli due giorni di distanza dal deposito in cancelleria dell’ordinanza con cui il giudice istruttore Emilio Gironi aveva chiuso l’inchiesta sull’attentato al treno 904, rinviando a giudizio per banda armata, strage e attentato con finalità di terrorismo 7 persone tra cui il cassiere della mafia Pippo Calò e il boss napoletano del rione Sanità, Giuseppe Misso.

Le indagini all’epoca furono affidate alla Digos della questura e furono coordinate dal sostituto procuratore Tindari Baglione. A capo della Procura all’epoca c’era il dottor Raffaello Cantagalli e il suo aggiunto era Piero Luigi Vigna. In un incontro il procuratore Cantagalli affidò alla stampa anche la copia di un «identikit» che raffigura un uomo di età compresa fra 30 e 40 anni. Era un testimone che gli inquirenti ricercavano. Era un «uomo magro, alto, che al momento dell’esplosione - spiegava il comunicato della Procura - si trovava fermo accanto ad una vettura Renault, in via Baracca, non lontano dallo stabile dove si verificò lo scoppio». Dal 1987 si è lavorato tra piste e depistaggi, tra ipotesi e smentite senza arrivare a nulla di concreto. Ma non si è mai avuto un arrestato né un indagato di cui si sia saputo qualcosa. Va però detto che pochi giorni dopo quest’attentato la Digos inviò un rapporto alla Procura in cui evidenziava l’ anomalia del gesto, formulava anche un’ inquietante ipotesi: l’ esplosione costituiva una sorta di prova tecnica in vista di altre più gravi azioni. E’ quanto si è poi verificato. In via Toscanini nel mese di novembre la strage non è avvenuta solo per caso, non ci sono stati morti perché hanno retto le strutture dell’ edificio. L’attentato naturalmente non è mai stato rivendicato. Più che di una strage dimenticata si può parlare, a oggi, di un insuccesso investigativo, di uno dei misteri d’Italia ancora insoluti. Sempre in bilico tra depistaggi, messaggio per chi stava processando i presunti autori della strage dell’Italicus e un attentato terroristico. Di che matrice? E perché? Interrogativi che forse non avranno mai una risposta.