
Il coronavirus porterà un calo importante delle nascite: un’indagine condotta da un team di ginecologi e urologi, tra cui la professoressa Maria Elisabetta Coccia, direttore della SOD di procreazione medicalmente assistita (PMA) dell’AOU Careggi, mostra che è diminuita la predisposizione a mettere al mondo un figlio.
Dottoressa Coccia, cosa è cambiato?
"Dal sondaggio tra 1482 coppie stabili tra i 31 e i 46 anni, il 37,3% di chi stava progettando una gravidanza, ha cambiato idea: nel 58% dei casi è per l’incertezza economica, che si abbina nel 50% delle risposte anche alla paura sanitaria del contagio. Nel 17% dei casi, si è ridotta anche la frequenza dei rapporti sessuali. Non mancano coloro che nella convivenza hanno migliorato l’intesa con relativo desiderio di gravidanza, ma sono solo l’11,53%".
Cosa ha comportato il lockdown per la procreazione medicalmente assistita?
"Il quasi totale blocco. Con la PMA nasce il 3% dei bambini ogni anno, ossia nel 2019 poco meno di 14 mila nascite secondo il Registro Nazionale dell’ISS. Questi 4 mesi porteranno a una riduzione di quasi 5000 nati da PMA. Siamo stati il primo centro pubblico italiano che, oltre alle tecniche con i gameti di entrambi, ha aperto all’eterologa con gameti donati".
Chi aveva già cominciato le terapie?
"Le ha proseguite con la dovuta responsabilità da parte di tutto il sistema: qualche gravidanza è partita anche in queste settimane. Chi doveva iniziare, si è dovuto "fermare". I pazienti vengono da tutta Italia per un percorso che pesa dal punto di vista diagnostico, ma anche psicologico ed emotivo nella ricerca di un figlio in caso di infertilità. Dover interrompere o rinviare, viene vissuto con sconcerto. Le teleconsulenze ci hanno permesso di mantenere la dimensione umana del servizio".
Quanto deve aspettare una coppia per la PMA?
"Non abbiamo liste di attesa. Se i motivi dell’infertilità non sono superabili con terapie mediche, il mese successivo siamo in grado di procedere alla procreazione omologa. Per l’eterologa ci vogliono 2-3 mesi in più per il reperimento dei gameti. Non abbiamo donatrici italiane: provengono da banche estere al momento ferme. Anche i Paesi di provenienza devono uscire dall’emergenza e garantire un percorso sicuro di tamponi e test sierologici".
Ora cosa accadrà?
"Continuiamo a lavorare con gli ovociti per le 140 coppie che li avevano già ottenuti. Richiameremo poi le 500 pazienti rimaste in sospeso". Come superare i timori di cui parlavamo? "Più che un bonus bebè, in questo momento lo Stato dovrebbe pensare a un "bonus cicogna" per sostenere chi vuole mettere al mondo un bambino, che rappresenta la speranza in un Paese fanalino di coda in Europa per natalità e che ha perso con tanti anziani anche la sua memoria storica".
Manuela Plastina