MONICA PIERACCINI
Cronaca

Balneari, sindacati pronti a impugnare la sentenza del Consiglio di Stato

Incertezza e preoccupazione tra gli imprenditori del settore, che hanno fermato investimenti e assunzioni in attesa di conoscere il destino delle loro attività

Lido di Camaiore (Foto Castellani)

Firenze, 13 novembre 2021 – Impugnare la sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato la legge per prorogare al 2033 le concessioni demaniali. E' questo che sta valutando, insieme ai tecnici, il Sib, il sindacato dei balneari di Confcommercio, che annuncia battaglia. “Si sta spazzando via quasi un secolo di storia. In Toscana la balneazione è nata nel 1700 a Livorno. I bagni Pancaldi, che sono seguiti poco dopo, sono ancora oggi gestiti dalla stessa famiglia con una perizia e una professionalità che non possiamo rischiare di perdere”, dice Stefania Frandi, presidente di Sib Confcommercio Toscana. “Ciò che queste imprese hanno creato è un valore che tutto il mondo ci invidia e solo in Italia, evidentemente, non se ne tiene conto”.

“Riteniamo la sentenza del Consiglio di Stato sbagliata - sottolinea la presidente - e stiamo valutando la possibilità di impugnarla per un eccesso di potere, in quanto invade campi di competenza della Corte Costituzionale. Ma visto che i tempi sono lunghi, chiediamo al legislatore di fare in fretta presentando il prima possibile la propria proposta”.

A rischio sono le 892 imprese (dato 2019) distribuite lungo i 397 chilometri di costa toscana, che non conoscono il destino che le attende. Sanno solo che, a meno di colpi di scena, le concessioni demaniali scadranno nel 2023, come ha sentenziato il Consiglio di Stato, ma non quando e come saranno fatte le gare e se si terrà davvero conto del valore commerciale che hanno le aziende. “La sentenza del Consiglio di Stato – spiega la presidente Frandi – mette un'ipoteca grandissima sulle prossime stagioni. E' vero, le concessioni scadono al dicembre 2023, ma cosa accadrà nel frattempo?”. Lo stop agli investimenti, sicuramente, con la conseguenza che la prossima estate l'offerta turistica potrebbe non essere all'altezza delle precedenti, ma anche alle assunzioni. Dal 2024 i dipendenti e gli stagionali che attualmente lavorano negli stabilimenti saranno sostituiti da altri, che magari arriveranno da fuori. La costa toscana è attraente infatti per i grandi gruppi internazionali e, il rischio, concreto, dicono i balneari, è che si perda il radicamento con il territorio. Non solo, ma se le nuove concessioni saranno date solo per pochi anni, queste società che subentrano tenteranno di massimizzare il profitto, alzando i prezzi dei servizi alla clientela.

“Il silenzio del governo è rumoroso. Siamo costretti a programmare una nuova stagione nella più totale incertezza. Nel mio stabilimento lavorano circa 28 persone. Tra un mese dovrò decidere se riconfermarle o no per il 2022, ma in queste condizioni come si fa a sapere come affrontare il prossimo anno? Il 31 dicembre 2023 scadono le concessioni, ma le gare probabilmente saranno pronte prima. Non sappiamo nemmeno per quanto tempo saranno date le concessioni”, protesta Marco Daddio, presidente dei balneari di Lido di Camaiore e titolare del bagno Venezia. Tutti gli investimenti, intanto, si sono fermati. “Io, ad esempio, stavo sistemando la parte delle cabine, ma dopo la sentenza ho deciso di fare il minimo indispensabile per la prossima stagione. Lo stesso un mio collega, che aveva ordinato 80mila euro di attrezzature per la spiaggia e poi ha disdetto l'ordine”, fa presente Daddio.

La sentenza del Consiglio di Stato ha bocciato anche i canoni delle concessioni demaniali, che per alcune spiagge italiane sono davvero bassi. Al sud, per esempio, si paga sui 300 euro l'anno. In Versilia, però, per uno stabilimento di 22 metri, si superano i 10mila euro l'anno. “E' bene fare chiarezza. Con il canone si paga l'arenile, la superficie di sabbia. Tutto quello che c'è costruito sopra – sottolinea il presidente dei balneari di Lido di Camaiore - si paga a parte. Nel caso del mio bagno, ad esempio, pago 9mila euro di Imu, 1.500 euro vanno alla Regione, per la pulizia della spiaggia durante l'inverno si pagano altre 1.500 euro”. Nella riviera versiliese si contano 450 stabilimenti balneari.

“Sono imprese a tutti gli effetti, imprese che sono grandi famiglie, dove si dà lavoro ogni anno agli stessi, e dove si salvano migliaia di persone in mare. Un patrimonio fatto di eccellenze che garantiscono sicurezza e decoro delle nostre coste e che conta 30mila aziende in Italia per un milione di addetti.  Se ne dovrebbe tenere conto. Invece, si sta assistendo ad un accanimento su un settore che ha potuto lavorare nei due anni di Covid e che probabilmente ora è solo un settore da spremere”, conclude amaro il presidente.

"Piccole imprese e filiera rischiano il ko"

“Non condividiamo la decisione del Consiglio di Stato e chiediamo un immediato confronto con il Governo per giungere a un intervento concreto a tutela di chi, storicamente, permette ai nostri territori di mare di lavorare e far lavorare una filiera importantissima, tra ristoranti, alberghi, trasporti. Chissà se sarà ancora così dal 2024 o se le nostre spiagge e ciò che rende viva la costa diventeranno tutt’altro. Senza dimenticare i nostri giovani, che spesso trovano nei lavori estivi un trampolino di lancio per iniziare un mestiere e raggiungere una prima autonomia economica". E' quanto afferma Conflavoro Pmi in una nota. "Gli stabilimenti sono oltretutto una peculiarità italiana che non tange l’estero, dove i servizi non sono strutturati e apprezzati come i nostri. Dobbiamo rispettare il duro sforzo di chi, spesso a livello familiare o poco più, lavora tutto l’anno per accogliere i clienti e guadagnare nei soli quattro mesi estivi quando le spiagge sono frequentabili”.

"Un colpo mortale per il comparto"

Boccia la sentenza del Consiglio di Stato anche Rosario Lopa, portavoce della Consulta nazionale per l'agricoltura e turismo, componenta del dipartimento nazionale ambiente agroalimentare alimentazione ristorazione e turismo. "Centinaia di famiglie del comparto da un giorno all'altro vedono andare in fumo i loro progetti, i loro sacrifici e sono gettati in uno scenario di totale incertezza per il loro futuro. Si innesca una corsa contro il tempo per riordinare il settore, le Regioni - afferma Lopa - devono sollecitare il Governo a inserire meccanismi che non penalizzano gli operatori, magari prevedendo criteri premiali nei bandi per gli imprenditori che hanno realizzato investimenti. In ogni caso, a questo punto, occorre fare presto per non lasciare nell'incertezza un intero settore proprio in preparazione della prossima stagione che può essere il banco di prova del buono fatto finora anche nel contrastare la pandemia". "La competitività internazionale dei nostri lidi - aggiunge - si gioca, ancor più di ieri, sulla originalità del prodotto turistico e sulla qualità dei servizi. Abbiamo il dovere di difendere un mercato ed una tradizione che affondano le radici nel passato e nel presente. Occorre subito una proposta di legge che faccia chiarezza per impedire che si interrompa il trend di crescita che ha visto le nostre aziende investire per migliorare i servizi e ammodernare le strutture".

In Liguria a rischio 4mila aziende e 35mila lavoratori

"Solo nella nostra regione sul tavolo ci sono 3950 concessioni turistico-ricreative, di cui 1275 per stabilimento balneare e 40 per porticcioli, e 35mila posti di lavoro senza considerare l'indotto», denuncia il presidente di Fiba Liguria Gianmarco Oneglio. "Oltre al vaglio dell’ufficio legale, abbiamo immediatamente avviato i colloqui con tutte le forze politiche al fine di preparare una legge di riordino del settore a lungo auspicata dalla categoria e mai tracciata, un percorso che dovrà portare assolutamente al riconoscimento dell’esperienza e del valore commerciale delle aziende che le famiglie balneari italiane hanno creato, contribuendo creazione del primo sistema turistico balneare al mondo". «Percorreremo qualsiasi via, ogni opportunità, parleremo con chiunque voglia sentirci e dare una mano concreta al fine di trovare una soluzione a un'ingiustizia che non colpisce non solo gli stabilimenti balneari, ma tutte le concessioni turistico-ricreative italiane comprese, quindi, anche quelle di ambulanti, chioschi, piccoli approdi, associazioni nautiche e, in taluni casi, perfino abitazioni. Ad essere colpite sono anche tutte quelle attività commerciali che si svolgono a seguito di una concessione da parte di spazi da parte della pubblica amministrazione. Il confronto con le altre categorie è già iniziato e non si escludono attività di protesta incisive e comuni», aggiunge Maurizio Rustignoli, presidente nazionale Fiba Confesercenti.