Firenze, 16 gennaio 2024 – Chi lo conosce sa che è persona schiva e riservata. Mai una dichiarazione scomposta o una polemica. D’altronde Marco Carrai, è uomo sì di politica ma anche di management. Dalla Fondazione Cr Firenze a Toscana Aeroporti. Nominato, nel 2019, console onorario di Israele (motivo per il quale vive sotto scorta), da qualche mese è anche presidente della Fondazione dell’ospedale pediatrico Meyer. E stavolta ha deciso di intervenire.
Carrai, in molti chiedono che lei venga estromesso dal Meyer. Come se lo spiega? E, soprattutto, si dimetterà?
“Sono esterrefatto. E’ una cosa assurda e anche ignobile. La mia vita è stata caratterizzata da problemi di salute e io sono stato proprio al Meyer per tanti anni in cura. Per questo quando mi è stato offerto di essere il presidente della Fondazione ho accettato e credo che riuscirò a portare nelle sue casse diversi milioni di euro anche grazie alle mie relazioni personali. La mia vita è costellata da attività afferenti al volontariato e alla filantropia. Quindi, mai avrei immaginato che l’odio arrivasse a colpire così in basso”.
Lei crede che la richiesta di dimissioni dalla presidenza della Fondazione derivi dal fatto che è console di Israele?
“Non ho alcun dubbio in merito e la ritengo una cosa folle. Vorrei sottolineare una volta per tutte che al Meyer vengono curati bambini di ogni etnia, perché i bambini così come tutti gli essere umani non hanno distinzioni. Chi accosta il mio ruolo diplomatico al fatto che non sia degno di essere presidente della Fondazione Meyer è in malafede e istigato dall’odio”.
Ieri ha ricevuto al Meyer padre Ibrahim Faltas, custode vicario della Terra Santa e delegato rappresentante della Terra Santa presso il popolo palestinese, cosa vi siete detti?
“Per me questo incontro è importante fondamentale. Padre Ibrahim aveva mandato una lettera al Meyer per chiedere aiuto nella cura di alcuni bimbi palestinesi che hanno bisogno di cure nefrologiche e di dialisi. Sicuramente, come Fondazione, ospiteremo questi piccoli pazienti. Come avremmo fatto anche per gli israeliani, siriani, libanesi, yemeniti, delle guerre dimenticate in Sud America e così via”.
Essere nominato console di Israele le ha fatto più del male che del bene...
“Per me essere console è una missione al pari di essere presidente della Fondazione Meyer. Israele è la mia seconda patria, Israele rappresenta il popolo ebraico che in assoluto è stato il più sterminato, in tutte le epoche. Noi dimentichiamo una cosa, che il 7 ottobre Israele è stata attaccata dai terroristi di Hamas, un soggetto ritenuto dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti un’organizzazione pericolosa che ha compiuto un’azione omicida molto più grave, rispetto alla popolazione, di quello che è avvenuto l’11 settembre 2001 o del Bataclan. Cosa avrebbe dovuto fare Israele, stare ferma e dire: ‘Sterminateci tutti?’, o difendersi come tante volte è successo negli ultimi decenni? Io sono sconvolto dal fatto che tutti i movimenti, soprattutto quelli femministi, non abbiano detto nulla su quelle che sono state le sconvolgenti torture e gli stupri commessi ai danni di donne ebree. Per non parlare dei bambini sgozzati. A parte qualche generico atto di solidarietà c’è stato un assordante silenzio. Estirpare Hamas è un bene per tutto il mondo e non solo per Israele”.
Avverte, a Firenze, una recrudescenza di antisemitismo?
“Lo avverto a Firenze e nel mondo intero. Mai come oggi viene utilizzato in modo strumentale il diritto di difesa di uno Stato”.
“Tutto questo mi provoca dolore, paura. Oggi bisogna stare attenti a indossare la kippah. Io, per esempio, vivo costantemente sotto scorta. E’ mai possibile che il mio amico e imam Izzedin Elzir, al quale ho dato una mano a trovare una nuova sede non abbia mai fermamente condannato Hamas come associazione terroristica? E’ mai possibile che sabato sfilasse insieme a delle persone che ieri chiedevano che un suo amico, sempre che mi ritenga tale, si dimetta dalla Fondazione Meyer?”.
Il non partecipare alla fiaccolata per la pace organizzata a ottobre da padre Bernardo le ha fatto piovere addosso critiche. Qual è il motivo che l’ha tenuta lontano da quella marcia?
“Quella è stata una bellissima manifestazione religiosa e di popolo. Benissimo hanno fatto il rabbino e altri membri della comunità ebraica fiorentina a partecipare, io rappresento uno Stato e come tale mi devo comportare”.
Dopo l’attentato di Hamas ci sono state numerose prese di posizione in tutto il mondo e poi a distanza di una settimana c’è stato un capovolgimento.
“All’indomani del 7 ottobre Paolo Mieli disse che solitamente la solidarietà con Israele dura pochi giorni, questa volta è durata un po’ di più. Ma io credo si tratti di una cosa ancestrale. L’odio per il popolo ebraico è più diffuso di quanto non si immagini. Sabato per le strade di Firenze si gridava “morte a Israele, Gaza vincerà”. Ma vogliamo renderci conto di cosa sta avvenendo o no?”
Però bisogna anche dire che i continui bombardamenti di Israele su Gaza, che stanno provocando la morte di migliaia di innocenti, non possono essere giustificati.
“Nessuno dice che questo sia il bene, anzi mi provoca tanto male. Nessuno dice che sia una cosa giusta, perché la guerra è ingiusta ma a monte di questo bisogno chiedersi se un popolo abbia il diritto di difendersi ed esistere. Se Israele, purtroppo, e lo sottolineo migliaia di volte, non si difendesse e non compisse azioni di guerra oggi non eisterebbe più. Se l’Inghilterrà non si fosse opposta ad Hitler oggi io e lei non potremmo conversare, se gli Stati Uniti non avessero sganciato due bombe atomiche sul Giappone chissà per quanto tempo sarebbe andata avanti la Seconda guerra mondiale. Furono giuste quelle bombe? No. E’ stato giusto l’intervento contro Hitler? Sicuramente sì”.
Per lei Hamas è come Hitler?
“Per caso lei ha qualche dubbio? Certo!”.
Carrai lei pensa che a fomentare questo rigurgito antisemita ci sia una certa politica estremista?
“Non lo credo, piuttosto credo ci ria una responsabilità educativa. Vero è che i social non aiutano, amplificano le parole di alcune persone che non conoscono la storia e che sono anche fuori di senno. Non tutti dovrebbero avere il diritto di parlare in piena libertà perché non si possono nascondere le verità”.
Il fatto che molti ebrei, anche da Firenze, stanno tornando in Israele perché non si sentono più al sicuro, la ritiene una cosa grave?
“Assolutamente sì. Molti ebrei si sentono più tranquilli nella loro patria che è comunque sottoposta alla guerra”.
Marco Carrai e la sua famiglia si sentono tranquilli, sicuri a Firenze?
“No, ma mi sia permesso di ringraziare le forze dell’ordine e le istituzioni che si prodigano incessantemente per la mia sicurezza. A loro va il mio grazie e il mio affetto incondizionato”.