Firenze, 12 giugno 2023 - Un litigio per la stanza occupata dentro l’hotel Astor. Quando, sabato sera, i carabinieri hanno chiesto a Katherine Alvarez, mamma della piccola Kataleya scomparsa da alcune ore, se nutrisse sospetti verso qualcuno, lei ha parlato di un alterco con un’altra famiglia di peruviani che vive al terzo piano del medesimo stabile. "Volevano occupare le stanze che occupiamo noi", ha riferito la donna in ansia per le sorti di sua figlia, riferendo il cognome di questa gente.
"Che la riportino la bambina, che non se la devono prendere con lei. Questi problemi sono dei grandi, non dei bambini", ha dichiarato poi in tv. Nelle indagini a 360 gradi dei carabinieri, dove non si esclude niente, dal rapimento all’allontanamento, la pista di una guerra fra poveri per un posto nell’albergo occupato prende sempre più corpo. Che sia questo il movente di un "qualcosa di brutto" che la madre teme possa essere accaduto alla bambina di appena cinque anni, misteriosamente sparita dopo aver giocato con gli altri bambini?
Le cronache raccontano che nell’ex albergo all’angolo tra via Maragliano e via Boccherini, si sono viste scene da far west. Si sarebbe infatti consumato un vero e proprio assalto armato di una banda di peruviani con l’obiettivo di conquistare un posto dove abitare, come riferito dalla donna. In questo pericoloso tafferuglio, se l’è vista brutta un ecuadoregno di 40 anni, Manuel Santiago Medina, volato da una stanza sempre al terzo piano. E anche a marzo, a San Iacopino erano arrivati ambulanze e forze dell’ordine, per sedare l’ennesima notte ad alta tensione. E intorno a tutto questo, l’ombra di un racket, dove il posto può essere comprato o venduto in un mercato illegale ma più vantaggioso di quello ufficiale.
Sudamericani, rumeni, nordafricani: un tutti contro tutti per la sopravvivenza che non risparmia nessuno, da queste parti. Lo sanno bene i residenti intorno, che ormai da mesi sopportano, e sovente documentano, quello che accade dentro alla struttura. Ma questa non è l’unica pista seguita dagli inquirenti. Nell’ambito familiare, i carabinieri stanno scandagliando il recente passato del padre di Kata, Miguel Angel Romero Chicillo. L’uomo da qualche mese è detenuto a Sollicciano, ma prima del suo ingresso in carcere potrebbe aver avuto anch’egli screzi nel contesto di via Maragliano.
I ripetuti e insistenti sopralluoghi dell’immobile non hanno dato esito, nonostante l’utilizzo dei cani per tracce ematiche e molecolari. Però l’edificio, in condizioni (anche igieniche) disastrose, è pieno di anfratti, cavedi, angoli che potrebbero non essere stati raggiunti ma dove invece uno scricciolo di un metro e 15 come Kata avrebbe potuto intrufolarsi. E’ una sorta di rompicapo: le immagini delle telecamere non inquadrano mai l’uscita della bambina dall’immobile ma contemporaneamente si tende ad escludere con sempre maggiore certezza la sua presenza nell’edificio.
Nella convulsa giornata di ieri, i carabinieri hanno cercato di approfondire alcune segnalazioni di avvistamenti - risultati poi inconsistenti - e anche una strana telefonata ricevuta dalla mamma della bambina, in cui un uomo, in spagnolo, le diceva "ho io tua figlia". Accertamenti anche su un’auto bianca che era stata notata nel parcheggio: poteva essere stata usata per l’uscita dallo stabile ma anche in questo caso le verifiche hanno dato esito negativo. E un testimone, la cui attendibilità è da valutare, ha riferito di aver visto avrebbe raccontato di aver visto "degli sconosciuti, donne e uomini, prendere Kataleya, cambiarle abiti e portarla via".