Firenze, 4 luglio 2023 - Un furgone che lascia via Monteverdi quando forse Kata è già in mano ai suoi rapitori. E certe visite, nei giorni precedenti al suo rapimento, di persone che cercavano lo zio, Abel, all’ex hotel Astor occupato.
Sono ipotesi, piste da vagliare, ma anche bagliori nel buio di un’indagine che nonostante un impegno continuo e costante, non ha ancora imboccato la pista che porta all’individuazione del responsabile - o dei responsabili - della scomparsa della bimba peruviana di cinque anni.
Kataleya Mia Chicclo Alvarez, per tutti Kata, manca dal 10 giugno scorso. E manca anche una traccia di come e quando sia stata portata via dall’albergo di via Maragliano, forse in una forbice di una mezz’ora scarsa, tra l’utima sua immagine dentro il perimetro dell’immobile (alle 15.13) e il rientro di sua mamma Katherine, intorno alle 15.45 di quel sabato difficile da dimenticare. In questo lasso di tempo, la telecamera di una ditta che confina con il cortile dell’Astor ha registrato un rumore, come qualcosa che cade dall’alto (in quel punto il muro è alto oltre due metri, anche se era scavalcabile per la presenza di inerti abbandonati proprio lì sotto). Poi un furgone bianco parte, assieme a un ciclomotore, verso l’uscita posta al termine di un vialetto che sbuca in via Monteverdi.
La ditta e i suoi titolari sono stati perquisiti, come persone non indagate, e non è stato trovato nulla che possa ricondurre a Kata. Ma la pista del furgone resta una delle ipotesi in campo, perdi più in assenza, almeno sinora, del ritorno nello spiazzo privato di quei mezzi. Il ’tonfo’, i veicoli che si muovono. Potrebbero essere anche soltanto coincidenze. Ma i carabinieri, guidati dalla Direzione distrettuale antimafia, non vogliono e non possono lasciare nulla di intentato. Nel vorticoso lavoro di ascolto degli ex occupanti dell’Astor, è emersa anche una testimonianza riguardo a delle presenze “esterne“ che in più occasioni, prima della scomparsa di Kata, avrebbero raggiunto l’Astor per cercare lo zio della bambina, Abel.
Il contesto è sempre quello dei difficili equilibri interni alla struttura occupata, dove oltre agli espedienti non sempre leciti di ognuno per campare, si somma anche il racket delle stanze. Per la procura, rappresentata dall’aggiunto Luca Tescaroli, resta questo l’ambito in cui sarebbero maturati i rancori che hanno innescato la scomparsa della bambina. Oggi, quella guerra non c’è più. Il 17 giugno lo stabile è stato restituito ai suoi proprietari, gli oltre cento occupanti e i tanti bambini che vi avevano trovato casa sono stati provvisoriamente presi in carico dai servizi sociali del Comune.
Ieri, rispondendo alle domande dei cronisti, il sindaco Dario Nardella ha smentito problemi alla foresteria Pertini di Sorgane - dove molti ex occupanti sono stati trasferiti. Sul versante delle indagini, ha aggiunto il primo cittadino, "rispettiamo la riservatezza della procura e dei Carabinieri. Quello che possiamo dare, è che stiamo dando, è tutto il supporto necessario con i servizi sociali".