Firenze, 21 febbraio 2020 - Firenze non ha più lo stesso sapore e basta distrarsi un attimo per non ritrovare più la stessa cartolina. La cosa è ormai sotto gli occhi di tutti, ma adesso arriva anche l’ufficialità dei numeri a sancirla: negli ultimi dodici anni, dal 2008 al 2019, in città ci sono sempre meno negozi e sempre più bar, ristoranti e strutture ricettive. Un trend in linea con quello nazionale fotografato dall’indagine dell’Ufficio studi di Confcommercio sulla demografia delle imprese nelle città italiane.
Analizzando i dati, negli ultimi 12 anni il commercio al dettaglio ha perduto a Firenze un totale di 258 imprese, passando dalle 5.092 imprese del 2008 alle 4.834 del 2019. E se le prime a scomparire in modo più marcato erano state quelle del centro (passate dalle 1.851 del 2008 alle 1.743 nel 2016, poi risalite di cinque unità per arrivare alle 1.748 di fine 2019), adesso stanno arretrando anche quelle delle altre aree più periferiche (erano 3.241 nel 2008, 3.183 nel 2016 e 3.086 nel 2019, con una perdita di quasi cento unità solo negli ultimi tre anni).
In buona sostanza, stanno soffrendo anche quartieri al di fuori dalle mura del centro. "Segno – spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – che la scomparsa dei negozi ora non è più legata, come lo era qualche anno fa, agli affitti troppo alti, per cui molte aziende avevano preferito trasferirsi in periferia, o al cambiamento demografico in corso, con il centro storico sempre più povero di residenti e preso d’assalto dal turismo. Adesso a determinare l’arretramento dei negozi sono la riduzione dei consumi e la pressione fiscale ancora troppo alta che grava su imprese e famiglie e che impedisce di liberare risorse per la crescita".
A cedere il passo sono soprattutto botteghe di alimentari e bevande, negozi di abbigliamento, calzature, mobili e articoli per la casa, librerie, ferramenta e negozi di giocattoli. Reggono bene invece, anzi sono in crescita, farmacie, tabaccherie, negozi di computer e telefonia. "Quello della perdita dei negozi non è un problema solo nostro in quanto associazione di categoria o degli imprenditori del commercio: è una questione che riguarda tutti, perché sta modificando profondamente il volto e la vivibilità della nostra città – sottolinea il presidente della Confcommercio fiorentina Aldo Cursano – è la dimostrazione tangibile ed evidente della crisi di un modello di accoglienza e servizi che da un punto di vista economico non sta più in piedi".
Di contro alla diminuzione dei negozi, Firenze vive l’exploit delle attività legate al turismo, che anche qui aumentano con percentuali a due cifre: +29,4% per ristoranti, bar e strutture ricettive in centro (passate dalle 1.174 del 2008 alle 1.519 del 2019), +35% per quelle ubicate fuori dal centro, che erano 1.394 nel 2008 e 1.882 a fine 2019. "Un boom che dimostra la vitalità del comparto turistico ma che va accompagnato con misure adeguate, se vogliamo salvare la qualità dell’offerta" aggiunge il direttore Marinoni.
Il presidente della Confcommercio Cursano fa quindi appello alle istituzioni: "Qualcuno deve assumersi la responsabilità politica di riparare a questa fragilità del sistema, prima che sia troppo tardi. Senza le sue botteghe Firenze perde la sua storia, la sua anima. Senza contare che la scomparsa dei negozi è legata a doppio filo al degrado sociale". In generale, secondo l’indagine della Confcommercio le città capoluogo della Toscana hanno perduto negli ultimi dodici anni 1.272 esercizi commerciali, dei quali 434 nei centri storici (-7,1%) e 838 fuori (-7,9%), passando dalle 16.748 unità del 2008 alle 15.476 del 2019. Di contro, hanno ‘acquistato’ oltre 2mila attività fra bar, ristoranti e strutture ricettive, delle quali 700 nei centri storici (+21,7%) e 1.341 fuori (+28,8%), passando dalle 7.894 totali del 2008 alle 9.935 del 2019.
Rossella Conte © RIPRODUZIONE RISERVATA