REDAZIONE FIRENZE

Bilancino supera ancora la capienza: "Adesso lavoriamo sulla prevenzione"

Gaia Checcucci (Autorità di Bacino): "Necessaria alleanza tecnica fra enti"

Gaia Checcucci è segretaria generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Settentrionale

Gaia Checcucci è segretaria generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Settentrionale

L’Arno ha chinato la testa e il reticolo minore è stato domato. Ora che le 48 ore di maltempo sono passate restano la conta dei danni, le abitazioni violentate dal fango e le cicatrici. Con loro una domanda: è stato fatto tutto il possibile? La risposta è complessa. Per averla si deve riavvolgere il nastro alle 20 di giovedì quando il Genio Civile ordina di alzare la paratia a valle di Bilancino, quella collegata alla Sieve. La mossa consente al lago di incamerare 10 milioni di metri cubi d’acqua, evitando che siano rilasciati nel fiume. Il tappo regge fino alle 6 del mattino di venerdì quando l’invaso raggiunge i 69 milioni di metri cubi d’acqua, il massimo della capienza ordinaria. E l’acqua ricomincia ad arrivare nella Sieve.

E’ stata la mossa che ha ingrossato il fiume? Questa la domanda che ronza in testa a molti residenti. La risposta, numeri alla mano, è no. "L’apporto sulla Sieve - spiegano da Publiacqua che gestisce l’invaso - è stato limitato, tanto che quando nel corso della mattina si sono verificate le prime criticità tra Pontassieve, San Francesco e Rufina, l’acqua in uscita dall’invaso era di una portata di circa 44 metri cubi al secondo". Cosa vuol dire? Che il fiume, intanto scorreva a 500 metri cubi al secondo. Un apporto irrisorio rispetto alla portata già resta robustissima da piogge e soprattutto dal reticolo minore gonfio d’acqua. La proporzione è salita poche ore dopo: "Alle 17 di venerdì uscivano da Bilancino 93 metri cubi al secondo mentre la Sieve a Dicomano aveva raggiunto una portata di oltre 1.000 metri cubi al secondo".

L’effetto di laminazione di Bilancino, cioè, è molto limitato, soprattutto per la sua posizione, troppo a monte rispetto a Firenze, anche se il suo ’sporco’ lavoro lo ha fatto. "Bilancino - spiega Gaia Checcucci, segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Settentrionale - non è stata creata come intervento per ridurre il rischio idraulico, ma come ‘bicchiere d’acqua’ per Firenze. È stato un utile alleato ma sarebbe preferibile fare a meno del suo minimo effetto di laminazione barattandolo con una grande cassa di espansione più a monte". Il maltempo, per quanto, sia stato un flagello poi, non ha costruito la tempesta perfetta. "Non ci sono state piogge forti in Alto Valdarno e in Casentino - riflette - evitando così che alla portata dell’Arno, arrivata fino a 1400 metri cubi al secondo, si sommassero 2500 o 2800 metri cubi di piogge". Numeri importanti se si pensa che nel 1966 l’Arno arrivò come una furia alla Nave a Rovezzano con una portata di 4100 metri cubi al secondo. Che avrebbero potuto venir replicati. "Oltre a questo non c’è stato il vento di libeccio proveniente dal mare che avrebbe causato un effetto ’rigurgito’ nei fiumi, ostacolandone lo scorrimento. Siamo stati - dice - in un certo senso appesi al tempo e questa è una sconfitta". Il punto per Checcucci è sempre uno: prima di Firenze devono esser trattenuti almeno 35 milioni di metri cubi d’acqua. "Di questi 25 con le quattro casse d’espansione (Pizziconi, Restone, Prulli e Leccio) e 10 con l’innalzamento della diga di Levane. Per le casse sono fondamentali le opere di presa, quelle che consentono dopo che sono state aperte di togliere l’acqua". Checcucci esprime soddisfazione per la scelta della Regione di trasformare l’allerta in rossa. "È stata una mossa che ha consentito di far arrivare un messaggio chiaro ai cittadini". Eppure sulla prevenzione c’è ancora molto da fare. "Serve un’alleanza tecnica fra enti nella quale ci mettiamo a disposizione. Servono mappature di bacino ’in tempo di pace’ visto che sotto il colore arancione di un’allerta ci sono tantissime sfumature a seconda dei territori che vanno messe a fuoco prima". Un esempio? "Il Mugello è una realtà e la Piana è un’altra: in quest’ultima c’è un alto livello di consumo del suolo e vanno fatte considerazioni completamente diverse rispetto ad ogni altro territorio. Serve cioè un piano di protezione civile mirato oltre alla mappatura di bacino e alle mappe di pericolosità, proprio per intercettare le criticità del territorio: il maltempo può avere conseguenze diverse in ciascun territorio che vanno previste e conosciute. Noi - conclude - siamo a disposizione degli enti per tutto questo".

cla.cap